La Corte dei Conti, Sezioni Riunite, dopo pareri contrastanti in materia (delibera Corte Conti Lombardia n. 949/2010, deliberazione Corte Conti Toscana n. 170/2010), con la deliberazione n. 8 del 7/02/2011 ha espresso il seguente parere: "Il dipendente che intenda avvalersi del mezzo proprio, al fine di rendere più agevole il proprio spostamento, potrà comunque conseguire l’autorizzazione da parte dell’amministrazione, con il limitato effetto di ottenere la copertura assicurativa dovuta in base alle vigenti disposizioni. Le disposizioni interne delle singole amministrazioni potranno prevedere, in caso di autorizzazione all’uso del mezzo proprio, un indennizzo corrispondente alla somma che il dipendente avrebbe speso ove fosse ricorso ai trasporti pubblici, ove ciò determini un più efficace espletamento dell’attività, garantendo, ad esempio, un più rapido rientro in servizio, risparmi nel pernottamento, l’espletamento di un numero maggiore di servizi."
è autorizzabile l’utilizzo del mezzo proprio da parte dei dipendenti per esigenze di servizio e, nel caso, il rimborso non potrà essere superiore al costo del mezzo pubblico che lo stesso dipendente avrebbe preso in alternativa.
Richiamando le due soluzioni esposte nella nostra circolare del 4 novembre 2010, si evidenzia che la Corte Conti Sezioni Riunite si colloca in una via di mezzo rispetto ad entrambe:
1. da un lato, concorda in parte con la Ragioneria Generale dello Stato (vedi Circolare n. 36 del 22/10/2010, peraltro condivisa dalla Corte dei Conti della Toscana con delibera n. 170/2010), per quanto riguarda il primo periodo del parere sopra richiamato: “Il dipendente che intenda avvalersi del mezzo proprio, al fine di rendere più agevole il proprio spostamento, potrà comunque conseguire l’autorizzazione da parte dell’amministrazione, con il limitato effetto di ottenere la copertura assicurativa dovuta in base alle vigenti disposizioni ….” (vedi Soluzione n. 1 della nostra circolare);
2. dall’altro lato riconosce, come esplicitato dalla Corte dei Conti della Lombardia con delibera n. 949/2010, la possibilità che disposizioni interne delle singole amministrazioni prevedano, in caso di autorizzazione all’uso del mezzo proprio, un rimborso spese (vedi Soluzione n. 2 della nostra circolare); la differenza sta però nel fatto che tale rimborso non può essere pari alle spese effettivamente sostenute, ma dovrà essere limitato alla somma che il dipendente avrebbe speso ove fosse ricorso ai trasporti pubblici.
La Corte dei Conti, Sezioni Riunite, ritiene che la scelta “economicamente più conveniente” debba essere effettuata solo rispetto al costo del mezzo pubblico, senza considerare il costo indiretto pari al tempo impiegato dal dipendente per lo spostamento; la stessa Corte prevede che tale indennizzo possa essere previsto: “….ove ciò determini un più efficace espletamento dell’attività, garantendo, ad esempio, un più rapido rientro in servizio, risparmi nel pernottamento, l’espletamento di un numero maggiore di servizi…”.
Da un punto di vista pratico di svolgimento del servizio, si deve osservare che esistono luoghi non serviti da mezzi pubblici oppure dove l’utilizzo del mezzo pubblico non risulta agevole per l’espletamento del servizio se si considera il tempo impiegato dal dipendente per il trasferimento. Paradossalmente, in questi casi per il Comune risulta “economicamente più conveniente” l’utilizzo del mezzo proprio da parte del dipendente, il quale si trova però a pagare di tasca sua la differenza tra le spese effettivamente sostenute e l’ipotetico costo del mezzo pubblico (si pensi alle spese vive connesse al viaggio, es: pedaggi autostradali, parcheggi, ecc.).
Partendo dal presupposto che non si può obbligare il dipendente all’utilizzo del proprio mezzo, limitare il rimborso al solo costo del mezzo pubblico potrebbe portare due conseguenze:
- un blocco dell’attività nei Comuni non serviti da mezzi pubblici nonché in quelli in cui i tempi di trasferta utilizzando i mezzi pubblici divengono improponibili;
- un incremento delle ore retribuite ma non lavorate dai dipendenti in quanto utilizzate per i soli spostamenti.
dove si riesce a dimostrare che l’utilizzo del mezzo pubblico è impossibile o comunque economicamente improponibile in relazione alla tempistica, deve ritenersi ancora possibile rimborsare al dipendente l’utilizzo del mezzo proprio, in quanto ciò, sebbene contrario all’interpretazione della norma, non costituirebbe un’ipotesi di danno erariale, essendo in tal caso dimostrato lo stato di necessità e/o l’utilità per l’ente;
Stesso discorso ove di dimostri che l’utilizzo del mezzo pubblico determinerebbe costi superiori rispetto a quelli sostenuti utilizzando il mezzo proprio (esempio: gli assistenti sociali devono effettuare visite a domicilio nel territorio del Comune, ma, come avviene nella maggior parte dei Comuni, non vi sono mezzi pubblici per spostamenti interni, se non i taxi, ad un costo decisamente superiore rispetto all’utilizzo del mezzo proprio);
Negli altri casi, non sarà possibile rimborsare al dipendente importi superiori a quelli che si sarebbero sostenuti utilizzando i mezzi pubblici.
E’ opportuno adottare disposizioni interne che prevedano limitazioni all’utilizzo del mezzo proprio da parte di dipendenti, come ad esempio:
- per gli spostamenti all’interno del territorio comunale, deve essere utilizzato in via prioritaria il mezzo di proprietà del Comune in dotazione al servizio e, solamente nel caso in cui non ci fosse alcun mezzo disponibile, può essere autorizzato dal Responsabile l’utilizzo del mezzo pubblico oppure l’utilizzo del mezzo proprio da parte del dipendente qualora il mezzo pubblico non sia presente;
- qualora per esigenze di servizio il dipendente debba recarsi fuori dal territorio del Comune, deve essere utilizzato in via prioritaria il mezzo di proprietà del Comune in dotazione al servizio e, solamente nel caso in cui non ci fosse alcun mezzo disponibile, può essere autorizzato dal Responsabile l’utilizzo del mezzo pubblico oppure del proprio mezzo del dipendente qualora non vi siamo mezzi pubblici oppure qualora i tempi di percorrenza siano incompatibili con l’utilizzo del mezzo pubblico.
Per quanto riguarda le spese del Segretario Comunale la Corte dei Conti, Sezioni Riunite, con delibera n. 9 del 7 febbraio 2011 ha ritenuto che l’art. 45 del CCNL del 16/05/2001 per i Segretari Comunali e Provinciali non sia stato reso inefficace dall’entrata in vigore dell’art. 6, comma 12, della legge n. 122/2010, stante la diversità della fattispecie.
Il rimborso previsto dall’art. 45, comma 2, del CCNL intende sollevare il segretario comunale o provinciale dalle spese sostenute per gli spostamenti fra le varie sedi istituzionali ove il medesimo è chiamato ad espletare le funzioni; l’art. 45, comma 3, ripartendo la spesa per suddetti trasferimenti tra “i diversi enti interessati secondo le modalità stabilite nella convenzione”, dimostra come tale onere assuma carattere negoziale e non possa ricondursi all’interno del trattamento di missione tout court.
Deve pertanto concludersi che le limitazioni al trattamento di missione introdotte dall’art. 6 della Legge n. 122/2010 non si applicano al rimborso delle spese sostenute dal segretario titolare di sede di segreteria convenzionata per gli spostamenti tra le varie sedi di lavoro.
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Studio di Consulenza nella Gestione delle Risorse Umane e Controllo di Gestione nella Pubblica Amministrazione
lunedì 21 febbraio 2011
Incarichi di consulenza
Per gli enti locali sono fuori dal taglio alle spese per collaborazioni e consulenze gli
incarichi finanziati da Ue, stato e regioni. La deliberazione 7 febbraio 2011 n. 7 della
Corte dei conti, sezioni riunite, contiene indicazioni preziosissime per l'applicazione
dei tagli alle spese apportati dall'articolo 6, comma 7, del dl 78/2010, convertito in
legge 122 del 2010. La disposizione ha stabilito che a decorrere dal 2011 la spesa
annua per studi e incarichi di consulenza non possa essere superiore al 20% di quella
sostenuta nell'anno 2009. Un primo problema posto dalla disposizione riguarda il
criterio di computo delle spese, risultando incerto se prendere come parametro la
cassa o la competenza. Le sezioni riunite accolgono l'accezione di «spese sostenute»
fornita dalla circolare 40/2010 del ministero dell'economia, coincidente col concetto
di spesa impegnata. Dunque, il criterio da seguire è quello della competenza e non della
cassa.
L'aspetto più rilevante della pronuncia delle sezioni riunite, però, riguarda l'esclusione
dal computo del monte del 2009 delle spese per incarichi esterni, coperte da
finanziamenti aggiuntivi alle ordinarie risorse di bilancio, provenienti da trasferimenti
di altri soggetti, pubblici o privati. Dunque, non subiscono un taglio le spese
direttamente sorrette da un vincolo di destinazione di un trasferimento pubblico.
Pertanto, per esempio, gli enti locali che ricevano da un soggetto privato (per esempio,
una fondazione bancaria o uno sponsor) finanziamenti per realizzare progetti specifici
includenti la necessità di incarichi esterni, non restano vincolati al drastico taglio della
spesa.
Manlio Edoardo
incarichi finanziati da Ue, stato e regioni. La deliberazione 7 febbraio 2011 n. 7 della
Corte dei conti, sezioni riunite, contiene indicazioni preziosissime per l'applicazione
dei tagli alle spese apportati dall'articolo 6, comma 7, del dl 78/2010, convertito in
legge 122 del 2010. La disposizione ha stabilito che a decorrere dal 2011 la spesa
annua per studi e incarichi di consulenza non possa essere superiore al 20% di quella
sostenuta nell'anno 2009. Un primo problema posto dalla disposizione riguarda il
criterio di computo delle spese, risultando incerto se prendere come parametro la
cassa o la competenza. Le sezioni riunite accolgono l'accezione di «spese sostenute»
fornita dalla circolare 40/2010 del ministero dell'economia, coincidente col concetto
di spesa impegnata. Dunque, il criterio da seguire è quello della competenza e non della
cassa.
L'aspetto più rilevante della pronuncia delle sezioni riunite, però, riguarda l'esclusione
dal computo del monte del 2009 delle spese per incarichi esterni, coperte da
finanziamenti aggiuntivi alle ordinarie risorse di bilancio, provenienti da trasferimenti
di altri soggetti, pubblici o privati. Dunque, non subiscono un taglio le spese
direttamente sorrette da un vincolo di destinazione di un trasferimento pubblico.
Pertanto, per esempio, gli enti locali che ricevano da un soggetto privato (per esempio,
una fondazione bancaria o uno sponsor) finanziamenti per realizzare progetti specifici
includenti la necessità di incarichi esterni, non restano vincolati al drastico taglio della
spesa.
Manlio Edoardo
Gestione servizi pubblici locali
La recente sentenza del Consiglio di stato, n. 552 del 26/01/2011 riapre la discussione
sulla possibilità per gli enti locali di gestire direttamente i servizi pubblici locali a
rilevanza economica. La sentenza giunge all'indomani della pronuncia della Corte
costituzionale n. 325 del 03/11/2010 che, seppur in via incidentale, aveva affermato il
contrario.
Adesso la partita viene nuovamente riaperta dal Consiglio di stato, il quale, con la
sentenza n. 552 del 26/01/2011, accogliendo il ricorso in appello del comune di San
Clemente, ha sostenuto che i giudici di primo grado avrebbero ignorato la fondamentale
distinzione tra «gestione diretta» e «affidamento diretto» dei servizi pubblici locali a
rilevanza economica. La prima (la gestione diretta), sempre praticabile dall'ente locale,
soprattutto quando si tratti di attività di modesto impegno finanziario, mentre il
secondo (l'affidamento diretto) consentito solo in caso di affidamento ai sensi del
comma 2 let. b) dell'art. 23-bis (affidamento diretto a società mista) e nel caso in cui
ricorrano le condizioni previste al successivo comma 3 (affidamento a società in
house).
Secondo il Consiglio di stato non esisterebbe alcuna norma che obbliga i comuni ad
affidare all'esterno i servizi come l'illuminazione pubblica, i centri assistenziali, le
case di accoglienza, le case di riposo, le case famiglia, l'assistenza domiciliare per
anziani e handicappati, gli asili nido, le mense scolastiche, il trasporto scolastico, le
biblioteche e gli impianti sportivi, cioè tutti quei servizi pubblici che la gran parte dei
comuni italiani preferisce gestire direttamente piuttosto che affidarli all'esterno in
regime di libera concorrenza. Il Cds arriva addirittura a definire come «inverosimile»
immaginare che un comune, soprattutto se di piccole dimensioni, non possa decidere in
piena autonomia se gestire direttamente o meno un servizio come quello
dell'illuminazione votiva cimiteriale, che addirittura, nel caso di specie, necessita solo
dell'impegno periodico di una persona e di una spesa annua di qualche migliaio di euro.
La pronuncia del giudice di primo grado, inoltre, pare non avere tenuto conto neanche
delle ripercussioni a carattere finanziario di un eventuale affidamento all'esterno del
servizio pubblico; infatti, oltre alle spese dirette di gestione vera e propria del
servizio, dovrebbero essere tenute in considerazione anche le spese indirette che
l'ente comunque sostiene per espletamento di una procedura a evidenza pubblica in
termini di costo del personale che viene impiegato nel procedimento.
Adeguata considerazione non è stata data dal Tar neppure al fatto che un
imprenditore privato ha normalmente l'obiettivo di ottenere una remunerazione dei
fattori produttivi impiegati nell'esercizio della propria impresa e che a parità di livello
qualitativo e quantitativo del servizio, i costi della gestione da parte di terzi
tenderanno a essere di norma più elevati rispetto ad una gestione diretta del comune; a
meno che la gestione del privato non porti a una più efficiente combinazione dei fattori
produttivi.
Alessandro Manetti
sulla possibilità per gli enti locali di gestire direttamente i servizi pubblici locali a
rilevanza economica. La sentenza giunge all'indomani della pronuncia della Corte
costituzionale n. 325 del 03/11/2010 che, seppur in via incidentale, aveva affermato il
contrario.
Adesso la partita viene nuovamente riaperta dal Consiglio di stato, il quale, con la
sentenza n. 552 del 26/01/2011, accogliendo il ricorso in appello del comune di San
Clemente, ha sostenuto che i giudici di primo grado avrebbero ignorato la fondamentale
distinzione tra «gestione diretta» e «affidamento diretto» dei servizi pubblici locali a
rilevanza economica. La prima (la gestione diretta), sempre praticabile dall'ente locale,
soprattutto quando si tratti di attività di modesto impegno finanziario, mentre il
secondo (l'affidamento diretto) consentito solo in caso di affidamento ai sensi del
comma 2 let. b) dell'art. 23-bis (affidamento diretto a società mista) e nel caso in cui
ricorrano le condizioni previste al successivo comma 3 (affidamento a società in
house).
Secondo il Consiglio di stato non esisterebbe alcuna norma che obbliga i comuni ad
affidare all'esterno i servizi come l'illuminazione pubblica, i centri assistenziali, le
case di accoglienza, le case di riposo, le case famiglia, l'assistenza domiciliare per
anziani e handicappati, gli asili nido, le mense scolastiche, il trasporto scolastico, le
biblioteche e gli impianti sportivi, cioè tutti quei servizi pubblici che la gran parte dei
comuni italiani preferisce gestire direttamente piuttosto che affidarli all'esterno in
regime di libera concorrenza. Il Cds arriva addirittura a definire come «inverosimile»
immaginare che un comune, soprattutto se di piccole dimensioni, non possa decidere in
piena autonomia se gestire direttamente o meno un servizio come quello
dell'illuminazione votiva cimiteriale, che addirittura, nel caso di specie, necessita solo
dell'impegno periodico di una persona e di una spesa annua di qualche migliaio di euro.
La pronuncia del giudice di primo grado, inoltre, pare non avere tenuto conto neanche
delle ripercussioni a carattere finanziario di un eventuale affidamento all'esterno del
servizio pubblico; infatti, oltre alle spese dirette di gestione vera e propria del
servizio, dovrebbero essere tenute in considerazione anche le spese indirette che
l'ente comunque sostiene per espletamento di una procedura a evidenza pubblica in
termini di costo del personale che viene impiegato nel procedimento.
Adeguata considerazione non è stata data dal Tar neppure al fatto che un
imprenditore privato ha normalmente l'obiettivo di ottenere una remunerazione dei
fattori produttivi impiegati nell'esercizio della propria impresa e che a parità di livello
qualitativo e quantitativo del servizio, i costi della gestione da parte di terzi
tenderanno a essere di norma più elevati rispetto ad una gestione diretta del comune; a
meno che la gestione del privato non porti a una più efficiente combinazione dei fattori
produttivi.
Alessandro Manetti
Spese per sponsorizzazioni
Nella delibera n. 1075 del 20 dicembre 2010 della Corte dei
Conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia la Corte ha
illustrato le modalità per inquadrare le spese per sponsorizzazioni, da eliminare ai
sensi dell'art. 6, comma 9, della Legge 122/2010, chiarendo che la spesa per
sponsorizzazione è finalizzata a segnalare ai cittadini la presenza del Comune, al fine
di promuoverne l'immagine, mentre non costituisce sponsorizzazione il sostegno alle
iniziative di terzi che rientrerebbero nei compiti del Comune, come le spese per
associazioni che erogano servizi pubblici in favore di fasce deboli della popolazione
(anziani, fanciulli, ecc.) oppure quelle a favore di soggetti privati a tutela di diritti
costituzionalmente riconosciuti, quali i contributi per il c.d. diritto allo studio.
http://www.entionline.it/
Conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia la Corte ha
illustrato le modalità per inquadrare le spese per sponsorizzazioni, da eliminare ai
sensi dell'art. 6, comma 9, della Legge 122/2010, chiarendo che la spesa per
sponsorizzazione è finalizzata a segnalare ai cittadini la presenza del Comune, al fine
di promuoverne l'immagine, mentre non costituisce sponsorizzazione il sostegno alle
iniziative di terzi che rientrerebbero nei compiti del Comune, come le spese per
associazioni che erogano servizi pubblici in favore di fasce deboli della popolazione
(anziani, fanciulli, ecc.) oppure quelle a favore di soggetti privati a tutela di diritti
costituzionalmente riconosciuti, quali i contributi per il c.d. diritto allo studio.
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Proventi multe e incentivi personale
Nella delibera n. 1068 depositata il 23 dicembre 2010 la Corte dei Conti, Sezione
regionale di controllo per la Lombardia, ha fornito una serie di chiarimenti
relativamente alla possibilità di finanziare gli incentivi del personale della polizia
locale tramite le sanzioni al codice della strada, tra i quali la precisazione che non è
possibile prevedere meccanismi di incentivazione del personale ma solo specifici
progetti nei termini e nei limiti previsti dall’art. 5 bis dell'art. 208 del Codice della
strada, nonchè la conferma che tali spese non derogano al divieto di incrementare le
risorse per la contrattazione integrativa.
regionale di controllo per la Lombardia, ha fornito una serie di chiarimenti
relativamente alla possibilità di finanziare gli incentivi del personale della polizia
locale tramite le sanzioni al codice della strada, tra i quali la precisazione che non è
possibile prevedere meccanismi di incentivazione del personale ma solo specifici
progetti nei termini e nei limiti previsti dall’art. 5 bis dell'art. 208 del Codice della
strada, nonchè la conferma che tali spese non derogano al divieto di incrementare le
risorse per la contrattazione integrativa.
martedì 8 febbraio 2011
Vincoli alla contrattazione decentrata
Non superare il fondo del 2010 e tagliarlo in caso di diminuzioni del numero dei
dipendenti: sono questi i vincoli che tutti gli enti locali devono rispettare nella
costituzione dei fondi per la contrattazione decentrata dei dirigenti e del personale.
Questi vincoli si applicano sia alla parte stabile sia a quella variabile e si sommano al
tetto al trattamento economico individuale. Il primo obbligo da rispettare è quello di
non superare nel triennio 2011/2013 la consistenza del fondo per le risorse
decentrate del 2010.
La disposizione, contenuta nella prima parte del comma 2-bis dell'articolo 9 del dl n.
78/2010, non modifica le regole per la costituzione del fondo, che rimangono fissate
dai Ccnl, in particolare da quelli dell'1/4/1999 e 22/1/2004 per il personale e da
quello del 23/12/1999 per i dirigenti. L'importante è che dall'applicazione di tali
regole non discendano oneri aggiuntivi: nel caso in cui ciò si realizzasse occorre
intervenire per tagliarne l'ammontare complessivo. Bisogna prestare particolare cura
all'utilizzazione della possibilità di incrementare il fondo per la realizzazione di nuovi
servizi e/o l'ampliamento-miglioramento di quelli esistenti, cioè dell'articolo 15,
comma 5, per il personale e dell'articolo 23, comma 3, per i dirigenti. Tale possibilità
non è vietata, neppure indirettamente, ma non può determinare incrementi del totale
complessivo delle risorse disponibili nel fondo. Rimane da chiarire se le risorse
previste da specifiche norme di legge, ricorrendone le condizioni, vadano aumentate,
visto che in buona parte esse non vanno comprese nella spesa per il personale (come
per esempio le incentivazioni per la realizzazione di opere pubbliche e Ici), ovvero se
sono comprese nel tetto. Alla determinazione del fondo senza aumenti devono seguire
i tagli nel caso di diminuzione del numero dei dipendenti. Tale riduzione è obbligatoria
e deve essere effettuata in modo automatico, cioè direttamente da parte dei
dirigenti e senza che sia necessaria alcuna forma di contrattazione preventiva: i
soggetti sindacali hanno diritto a essere informati preventivamente rispetto all'avvio
della contrattazione, ma non è loro riservato alcuno spazio di intervento nel merito
delle scelte, salvo che in termini di controllo. Il metodo da applicare è il seguente: le
amministrazioni quantificano il numero dei dirigenti e dei dipendenti in servizio a
tempo indeterminato alla data del 31 dicembre 2010, adempimento che devono
peraltro effettuare per il conto del personale. Il passaggio successivo è quello della
previsione del numero delle cessazioni e delle assunzioni che saranno effettuate nel
corso del 2011: anche in questo caso si possono utilizzare le rilevazioni che vengono
effettuate ai fini della programmazione del fabbisogno del personale. Nel caso in cui
tale saldo sia negativo occorre tagliare la consistenza del fondo. Ovviamente prima
della fine dell'anno la previsione deve essere sostituita dalla puntuale rilevazione. Si
deve sottolineare che per il legislatore non hanno alcuna influenza le ragioni delle
cessazioni e delle assunzioni: per cui le mobilità in uscita determinano una riduzione
del numero dei dipendenti e quelle in entrata il loro aumento. Così come non sembra
assumere alcun rilievo la variazione delle categorie e dei profili professionali. Il taglio
del fondo deve essere effettuato, ci dice espressamente la norma, in modo
proporzionale e riferito all'insieme delle sue risorse, senza alcuna considerazione per
il salario accessorio in godimento da parte dei cessati. Dal che si arriva alla
conclusione che è necessario assumere il dato della incidenza media dei dipendenti sul
fondo e del taglio in modo corrispondente: per esempio se il fondo per le risorse
decentrate è complessivamente di 200 mila euro e i dipendenti sono 100, l'incidenza
media è di 2 mila euro e per ogni diminuzione il taglio deve avere quella dimensione.
Nel primo anno, il taglio deve essere proporzionato ai mesi di cessazione, mentre negli
anni successivi esso va operato in modo pieno.
Giuseppe Rambaudi
dipendenti: sono questi i vincoli che tutti gli enti locali devono rispettare nella
costituzione dei fondi per la contrattazione decentrata dei dirigenti e del personale.
Questi vincoli si applicano sia alla parte stabile sia a quella variabile e si sommano al
tetto al trattamento economico individuale. Il primo obbligo da rispettare è quello di
non superare nel triennio 2011/2013 la consistenza del fondo per le risorse
decentrate del 2010.
La disposizione, contenuta nella prima parte del comma 2-bis dell'articolo 9 del dl n.
78/2010, non modifica le regole per la costituzione del fondo, che rimangono fissate
dai Ccnl, in particolare da quelli dell'1/4/1999 e 22/1/2004 per il personale e da
quello del 23/12/1999 per i dirigenti. L'importante è che dall'applicazione di tali
regole non discendano oneri aggiuntivi: nel caso in cui ciò si realizzasse occorre
intervenire per tagliarne l'ammontare complessivo. Bisogna prestare particolare cura
all'utilizzazione della possibilità di incrementare il fondo per la realizzazione di nuovi
servizi e/o l'ampliamento-miglioramento di quelli esistenti, cioè dell'articolo 15,
comma 5, per il personale e dell'articolo 23, comma 3, per i dirigenti. Tale possibilità
non è vietata, neppure indirettamente, ma non può determinare incrementi del totale
complessivo delle risorse disponibili nel fondo. Rimane da chiarire se le risorse
previste da specifiche norme di legge, ricorrendone le condizioni, vadano aumentate,
visto che in buona parte esse non vanno comprese nella spesa per il personale (come
per esempio le incentivazioni per la realizzazione di opere pubbliche e Ici), ovvero se
sono comprese nel tetto. Alla determinazione del fondo senza aumenti devono seguire
i tagli nel caso di diminuzione del numero dei dipendenti. Tale riduzione è obbligatoria
e deve essere effettuata in modo automatico, cioè direttamente da parte dei
dirigenti e senza che sia necessaria alcuna forma di contrattazione preventiva: i
soggetti sindacali hanno diritto a essere informati preventivamente rispetto all'avvio
della contrattazione, ma non è loro riservato alcuno spazio di intervento nel merito
delle scelte, salvo che in termini di controllo. Il metodo da applicare è il seguente: le
amministrazioni quantificano il numero dei dirigenti e dei dipendenti in servizio a
tempo indeterminato alla data del 31 dicembre 2010, adempimento che devono
peraltro effettuare per il conto del personale. Il passaggio successivo è quello della
previsione del numero delle cessazioni e delle assunzioni che saranno effettuate nel
corso del 2011: anche in questo caso si possono utilizzare le rilevazioni che vengono
effettuate ai fini della programmazione del fabbisogno del personale. Nel caso in cui
tale saldo sia negativo occorre tagliare la consistenza del fondo. Ovviamente prima
della fine dell'anno la previsione deve essere sostituita dalla puntuale rilevazione. Si
deve sottolineare che per il legislatore non hanno alcuna influenza le ragioni delle
cessazioni e delle assunzioni: per cui le mobilità in uscita determinano una riduzione
del numero dei dipendenti e quelle in entrata il loro aumento. Così come non sembra
assumere alcun rilievo la variazione delle categorie e dei profili professionali. Il taglio
del fondo deve essere effettuato, ci dice espressamente la norma, in modo
proporzionale e riferito all'insieme delle sue risorse, senza alcuna considerazione per
il salario accessorio in godimento da parte dei cessati. Dal che si arriva alla
conclusione che è necessario assumere il dato della incidenza media dei dipendenti sul
fondo e del taglio in modo corrispondente: per esempio se il fondo per le risorse
decentrate è complessivamente di 200 mila euro e i dipendenti sono 100, l'incidenza
media è di 2 mila euro e per ogni diminuzione il taglio deve avere quella dimensione.
Nel primo anno, il taglio deve essere proporzionato ai mesi di cessazione, mentre negli
anni successivi esso va operato in modo pieno.
Giuseppe Rambaudi
Spesa del personale e turn-over
Il calcolo della spesa di personale cessato, da considerare per il turnover, negli enti
locali va effettuato tenendo conto dell'anno intero e non della frazione di anno
effettivamente lavorata. La Corte dei conti, sezione regionale di controllo della
Toscana, col parere 17 novembre 2010, n. 160, fornisce un chiarimento fondamentale
per la corretta applicazione dell'articolo 14, comma 9, del dl 78/2010, convertito in
legge 122/2010. Tale disposizione ha modificato l'articolo 76, comma 7, del dl
112/2008, convertito in legge 133/2008, il quale ora dispone: «È fatto divieto agli enti
nei quali l'incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 40% delle spese
correnti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia
tipologia contrattuale; i restanti enti possono procedere ad assunzioni di personale nel
limite del 20% della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente». Era
fin qui rimasta incertezza rispetto al computo appunto del limite del 20%
corrispondente al personale cessato l'anno precedente. Visto il chiaro intento della
manovra estiva 2010 di ridurre drasticamente la spesa pubblica, poteva desumersi che
il 20% dovesse essere computato per cassa e, cioè, immaginando che un dipendente
cessasse dal servizio a giugno, si dovesse conteggiare il 20% del costo sostenuto
effettivamente per i sei mesi di lavoro.
La sezione Toscana, molto semplicemente spiega che «la locuzione spesa
corrispondente alle cessazioni» va interpretata quale spesa annuale», estendendo agli
enti locali la logica seguita dal dipartimento della Funzione pubblica nella circolare 18
ottobre 2010 Uppa, la quale precisa che i risparmi realizzati per cessazione vanno
calcolati «sempre sui 12 mesi».
Luigi Olivieri
locali va effettuato tenendo conto dell'anno intero e non della frazione di anno
effettivamente lavorata. La Corte dei conti, sezione regionale di controllo della
Toscana, col parere 17 novembre 2010, n. 160, fornisce un chiarimento fondamentale
per la corretta applicazione dell'articolo 14, comma 9, del dl 78/2010, convertito in
legge 122/2010. Tale disposizione ha modificato l'articolo 76, comma 7, del dl
112/2008, convertito in legge 133/2008, il quale ora dispone: «È fatto divieto agli enti
nei quali l'incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 40% delle spese
correnti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia
tipologia contrattuale; i restanti enti possono procedere ad assunzioni di personale nel
limite del 20% della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente». Era
fin qui rimasta incertezza rispetto al computo appunto del limite del 20%
corrispondente al personale cessato l'anno precedente. Visto il chiaro intento della
manovra estiva 2010 di ridurre drasticamente la spesa pubblica, poteva desumersi che
il 20% dovesse essere computato per cassa e, cioè, immaginando che un dipendente
cessasse dal servizio a giugno, si dovesse conteggiare il 20% del costo sostenuto
effettivamente per i sei mesi di lavoro.
La sezione Toscana, molto semplicemente spiega che «la locuzione spesa
corrispondente alle cessazioni» va interpretata quale spesa annuale», estendendo agli
enti locali la logica seguita dal dipartimento della Funzione pubblica nella circolare 18
ottobre 2010 Uppa, la quale precisa che i risparmi realizzati per cessazione vanno
calcolati «sempre sui 12 mesi».
Luigi Olivieri
Applicazione riforma Brunetta
Riforma Brunetta subito applicabile, senza necessità di attendere i futuri contratti. Il
Consiglio dei ministri (come anticipato su ItaliaOggi di ieri) approverà domani lo
schema di decreto legislativo di modifica del D.Lgs. 150/2009 che dirà stop ai
contenziosi attivati dalle organizzazioni sindacali mirati a subordinare l'efficacia della
riforma alla stipula dei prossimi contratti nazionali del pubblico impiego. Il decreto
legislativo che ha avuto ieri l'ok in preconsiglio dei ministri, agisce sulla causa
principale dei problemi interpretativi concernenti la sussistenza o meno di un diritto
transitorio o di un periodo di «sospensione» della riforma, ovvero l'articolo 65 del dlgs
150/2009.
E così, si prevede di introdurre nell'articolo 65 del dlgs 150/2009 un nuovo comma 4-bis,
ai sensi del quale «Hanno comunque immediata applicazione, ai sensi degli articoli 1339
e 1419, secondo comma, del codice civile, le disposizioni di cui all'articolo 33,
modificativo dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 165 del 2001, all'articolo 34,
modificativo dell'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e all'articolo
54, comma 1, modificativo dell'articolo 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,
nonché le disposizioni in materia di contrattazione integrativa». In sintesi, dunque,
immediatamente i poteri unilaterali dei dirigenti in qualità di datori di lavoro in tema di
organizzazione e gestione del rapporto di lavoro sono applicative e modificano le
relazioni sindacali degradandole a mera comunicazione; allo stesso modo l'intera
disciplina dell'articolo 40 del dlgs165/2001, ivi compresa la nullità delle clausole dei
contratti decentrati stipulate in violazione dei vincoli e limiti disposti dalla legge, dalle
regole di contabilità e dalla contrattazione collettiva, nonché la possibilità di adottare
atti unilaterali provvisoriamente sostitutivi dei mancati consensi alla stipulazione di
contratti decentrati.
Il comma 2 dell'articolo 1 dello schema di disegno di legge, poi, interpreta
autenticamente i commi 1, 2 e 4, sempre del dlgs 150/2009 chiarendo quello che, per la
verità appariva già abbastanza chiaro e che solo i poco condivisibili decreti d'urgenza
dei giudici del lavoro avevano in parte travisato: dette norme si interpretano
autenticamente «nel senso che l'adeguamento dei contratti collettivi è necessario solo
per i contratti vigenti alla data di entrata in vigore del citato decreto legislativo,
mentre ai contratti sottoscritti successivamente si applicano immediatamente le
disposizioni introdotte dal medesimo decreto». Dunque, tutti i contratti stipulati
successivamente al 15.11.2009 (come era ovvio) dovevano e debbono essere già
adeguati alla legge-Brunetta.
La facoltà di un adeguamento che per gli enti locali è concessa fino al 31.12.2011,
mentre per le altre amministrazioni il termine scadeva al 31.12.2010, riguarda dunque
solo e soltanto i contratti già stipulati al 15.12.2009. Non può, dunque, costituire
condotta antisindacale condurre la contrattazione successiva alla vigenza della
riforma-Brunetta nel rispetto delle norme da essa previste, come invece sin qui
stabilito da molti decreti dei giudici del lavoro.
Luigi Oliveri e Luigi Chiarello
Consiglio dei ministri (come anticipato su ItaliaOggi di ieri) approverà domani lo
schema di decreto legislativo di modifica del D.Lgs. 150/2009 che dirà stop ai
contenziosi attivati dalle organizzazioni sindacali mirati a subordinare l'efficacia della
riforma alla stipula dei prossimi contratti nazionali del pubblico impiego. Il decreto
legislativo che ha avuto ieri l'ok in preconsiglio dei ministri, agisce sulla causa
principale dei problemi interpretativi concernenti la sussistenza o meno di un diritto
transitorio o di un periodo di «sospensione» della riforma, ovvero l'articolo 65 del dlgs
150/2009.
E così, si prevede di introdurre nell'articolo 65 del dlgs 150/2009 un nuovo comma 4-bis,
ai sensi del quale «Hanno comunque immediata applicazione, ai sensi degli articoli 1339
e 1419, secondo comma, del codice civile, le disposizioni di cui all'articolo 33,
modificativo dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 165 del 2001, all'articolo 34,
modificativo dell'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e all'articolo
54, comma 1, modificativo dell'articolo 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,
nonché le disposizioni in materia di contrattazione integrativa». In sintesi, dunque,
immediatamente i poteri unilaterali dei dirigenti in qualità di datori di lavoro in tema di
organizzazione e gestione del rapporto di lavoro sono applicative e modificano le
relazioni sindacali degradandole a mera comunicazione; allo stesso modo l'intera
disciplina dell'articolo 40 del dlgs165/2001, ivi compresa la nullità delle clausole dei
contratti decentrati stipulate in violazione dei vincoli e limiti disposti dalla legge, dalle
regole di contabilità e dalla contrattazione collettiva, nonché la possibilità di adottare
atti unilaterali provvisoriamente sostitutivi dei mancati consensi alla stipulazione di
contratti decentrati.
Il comma 2 dell'articolo 1 dello schema di disegno di legge, poi, interpreta
autenticamente i commi 1, 2 e 4, sempre del dlgs 150/2009 chiarendo quello che, per la
verità appariva già abbastanza chiaro e che solo i poco condivisibili decreti d'urgenza
dei giudici del lavoro avevano in parte travisato: dette norme si interpretano
autenticamente «nel senso che l'adeguamento dei contratti collettivi è necessario solo
per i contratti vigenti alla data di entrata in vigore del citato decreto legislativo,
mentre ai contratti sottoscritti successivamente si applicano immediatamente le
disposizioni introdotte dal medesimo decreto». Dunque, tutti i contratti stipulati
successivamente al 15.11.2009 (come era ovvio) dovevano e debbono essere già
adeguati alla legge-Brunetta.
La facoltà di un adeguamento che per gli enti locali è concessa fino al 31.12.2011,
mentre per le altre amministrazioni il termine scadeva al 31.12.2010, riguarda dunque
solo e soltanto i contratti già stipulati al 15.12.2009. Non può, dunque, costituire
condotta antisindacale condurre la contrattazione successiva alla vigenza della
riforma-Brunetta nel rispetto delle norme da essa previste, come invece sin qui
stabilito da molti decreti dei giudici del lavoro.
Luigi Oliveri e Luigi Chiarello
Applicazione riforma Brunetta
Vi è innanzitutto la preoccupazione su cosa possa succedere a quelle amministrazioni
che non hanno ancora adottato le modifiche al regolamento sull'ordinamento degli
uffici e dei servizi e al sistema di valutazione. Quello del 31 dicembre 2010 non era
certo un termine perentorio. C'è ancora spazio di azione, purché tutto avvenga in
tempi ristretti. È infatti fondamentale che l'organizzazione e i dipendenti siano a
conoscenza delle modalità di svolgimento della valutazione fin dai primi mesi dell'anno
per evitare di inficiare tutta la procedura. La questione più accesa è però
l'introduzione della premialità attraverso le fasce di merito. Se l'ente non si adegua
con un proprio sistema, scatteranno le fasce previste per le altre amministrazioni?
La lettura della riforma Brunetta non è così agevole da questo punto di vista.
L'articolo 31 comma 4 prevede infatti che sì, scatteranno le regole delle
amministrazioni centrali, ma solo per il mancato adeguamento alle norme relative al
ciclo di gestione della performance e all'adozione del nuovo sistema di valutazione
individuale. Le fasce per gli enti locali sono però disciplinate al comma 2. Quindi i casi
sono due: o l'obbligo di introdurre le fasce per gli enti locali era immediato, oppure
siamo in presenza di una disposizione che, non prevedendo un termine preciso di
adeguamento, né un automatismo in caso di inerzia delle amministrazioni, non ha
scadenze particolari.
Si attendono veramente istruzioni per l'uso.
Nel frattempo il tribunale del lavoro di Pesaro ha ribaltato l'orientamento consolidato
dai tribunali di Torino, Salerno e Trieste sulla data di entrata in vigore della riforma
Brunetta per le relazioni sindacali. Con la sentenza 417/2010 si evidenzia l'immediata
operatività dell'articolo 5 del Dlgs 165/2001 e, quindi, la necessaria concertazione con
le organizzazioni sindacali prima dell'adozione di nuove disposizioni organizzative di
lavoro deve intendersi sostituita di diritto con la nuova previsione che stabilisce
unicamente la previa comunicazione.
G. Bert.
che non hanno ancora adottato le modifiche al regolamento sull'ordinamento degli
uffici e dei servizi e al sistema di valutazione. Quello del 31 dicembre 2010 non era
certo un termine perentorio. C'è ancora spazio di azione, purché tutto avvenga in
tempi ristretti. È infatti fondamentale che l'organizzazione e i dipendenti siano a
conoscenza delle modalità di svolgimento della valutazione fin dai primi mesi dell'anno
per evitare di inficiare tutta la procedura. La questione più accesa è però
l'introduzione della premialità attraverso le fasce di merito. Se l'ente non si adegua
con un proprio sistema, scatteranno le fasce previste per le altre amministrazioni?
La lettura della riforma Brunetta non è così agevole da questo punto di vista.
L'articolo 31 comma 4 prevede infatti che sì, scatteranno le regole delle
amministrazioni centrali, ma solo per il mancato adeguamento alle norme relative al
ciclo di gestione della performance e all'adozione del nuovo sistema di valutazione
individuale. Le fasce per gli enti locali sono però disciplinate al comma 2. Quindi i casi
sono due: o l'obbligo di introdurre le fasce per gli enti locali era immediato, oppure
siamo in presenza di una disposizione che, non prevedendo un termine preciso di
adeguamento, né un automatismo in caso di inerzia delle amministrazioni, non ha
scadenze particolari.
Si attendono veramente istruzioni per l'uso.
Nel frattempo il tribunale del lavoro di Pesaro ha ribaltato l'orientamento consolidato
dai tribunali di Torino, Salerno e Trieste sulla data di entrata in vigore della riforma
Brunetta per le relazioni sindacali. Con la sentenza 417/2010 si evidenzia l'immediata
operatività dell'articolo 5 del Dlgs 165/2001 e, quindi, la necessaria concertazione con
le organizzazioni sindacali prima dell'adozione di nuove disposizioni organizzative di
lavoro deve intendersi sostituita di diritto con la nuova previsione che stabilisce
unicamente la previa comunicazione.
G. Bert.
Spesa del personale e responsabilità
Per la corte dei conti della Lombardia il superamento dei vincoli alle uscite può
determinare una responsabilità erariale a violazione delle norme sul contenimento
delle spese di personale può essere fonte di responsabilità amministrativa
patrimoniale. Parola della Corte dei conti della Lombardia. I magistrati contabili sono
stati chiamati ad esprimere un parere in merito alle possibili sanzioni da erogare in
caso di mancato rispetto del comma 557 della legge finanziaria 2007, ovvero alla
possibilità di assumere pur sapendo che l'assunzione programmata porterebbe nel
2011 a uno sforamento del limite di spesa fissato nel 2010. Fino al Dl 78/2010 il
sistema legislativo non prevedeva alcuna sanzione sul tema. Con la manovra estiva è
stato esteso al mancato contenimento delle spese di personale quel divieto di
assunzione già previsto per il mancato raggiungimento degli obiettivi del patto di
stabilità. Agli enti che non rispettano il comma 557 è quindi vietato procedere ad
assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale,
compresi i rapporti di collaborazione continuata e continuativa e i rapporti di
somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. Agli
stessi enti è vietata anche la stipula di contratti di servizio con soggetti privati che si
configurino come elusivi della stessa disposizione.
Per la verifica della responsabilità amministrativa-erariale sono necessari ulteriori
elementi quali il dolo e/o la colpa grave nonché l'elemento oggettivo, cioè un danno
economicamente valutabile, causato all'ente nell'esercizio di funzioni amministrative e
con violazione di obblighi di servizio. Intanto, però, se ne parla e quindi è opportuno
che le politiche relative alle assunzioni che le amministrazioni locali sono in procinto di
adottare in questo inizio anno siano predisposte con estrema cautela, soprattutto
tenendo conto del fatto che dopo il Dl 78/2010 non è ammessa alcuna possibilità di
deroga al contenimento della spesa di personale.
Sulla questione è peraltro intervenuta la Corte dei conti della Lombardia con la
delibera 1067/2010, per precisare quale base sia da prendere come riferimento per
l'ente che avesse derogato prima del 31 maggio 2010.
L'ente dovrà assicurare la riduzione della spesa rispetto all'anno precedente nel quale
la spesa è stata maggiore rispetto a quella del 2009 a causa della deroga. Tuttavia,
siccome l'utilizzo della deroga era legittimo fino alla data del 31 maggio 2010, è
evidente che la spesa di personale del 2010 – da utilizzare quale base di riferimento in
relazione a quella per il 2011 – è la spesa lecitamente effettuata in corso d'anno,
anche se superiore a quella del 2009, purché la quota di maggiorazione (rispetto al
2009) sia riconducibile alla deroga.
Gianluca Bretagna
determinare una responsabilità erariale a violazione delle norme sul contenimento
delle spese di personale può essere fonte di responsabilità amministrativa
patrimoniale. Parola della Corte dei conti della Lombardia. I magistrati contabili sono
stati chiamati ad esprimere un parere in merito alle possibili sanzioni da erogare in
caso di mancato rispetto del comma 557 della legge finanziaria 2007, ovvero alla
possibilità di assumere pur sapendo che l'assunzione programmata porterebbe nel
2011 a uno sforamento del limite di spesa fissato nel 2010. Fino al Dl 78/2010 il
sistema legislativo non prevedeva alcuna sanzione sul tema. Con la manovra estiva è
stato esteso al mancato contenimento delle spese di personale quel divieto di
assunzione già previsto per il mancato raggiungimento degli obiettivi del patto di
stabilità. Agli enti che non rispettano il comma 557 è quindi vietato procedere ad
assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale,
compresi i rapporti di collaborazione continuata e continuativa e i rapporti di
somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. Agli
stessi enti è vietata anche la stipula di contratti di servizio con soggetti privati che si
configurino come elusivi della stessa disposizione.
Per la verifica della responsabilità amministrativa-erariale sono necessari ulteriori
elementi quali il dolo e/o la colpa grave nonché l'elemento oggettivo, cioè un danno
economicamente valutabile, causato all'ente nell'esercizio di funzioni amministrative e
con violazione di obblighi di servizio. Intanto, però, se ne parla e quindi è opportuno
che le politiche relative alle assunzioni che le amministrazioni locali sono in procinto di
adottare in questo inizio anno siano predisposte con estrema cautela, soprattutto
tenendo conto del fatto che dopo il Dl 78/2010 non è ammessa alcuna possibilità di
deroga al contenimento della spesa di personale.
Sulla questione è peraltro intervenuta la Corte dei conti della Lombardia con la
delibera 1067/2010, per precisare quale base sia da prendere come riferimento per
l'ente che avesse derogato prima del 31 maggio 2010.
L'ente dovrà assicurare la riduzione della spesa rispetto all'anno precedente nel quale
la spesa è stata maggiore rispetto a quella del 2009 a causa della deroga. Tuttavia,
siccome l'utilizzo della deroga era legittimo fino alla data del 31 maggio 2010, è
evidente che la spesa di personale del 2010 – da utilizzare quale base di riferimento in
relazione a quella per il 2011 – è la spesa lecitamente effettuata in corso d'anno,
anche se superiore a quella del 2009, purché la quota di maggiorazione (rispetto al
2009) sia riconducibile alla deroga.
Gianluca Bretagna
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