L'introduzione massiccia delle tecnologie informatiche in azienda ha
reso necessaria una regolamentazione dell'utilizzo interno e verso
l'esterno. Le imprese sono molto attente a rispettare le direttive in
materia di privacy e trattamento dei dati personali di clienti e
partner, ma trascurano spesso di definire analoghe policy sui dati dei
dipendenti, rischiando così di incorrere in situazioni anomale e in
sanzioni.
Dati personali dei dipendenti: normativa e principi
Oltre al Codice della Privacy, a livello europeo, i principi da seguire per il trattamento dei dati personali degli impiegati si basano sui documenti del "Gruppo di lavoro art. 29" istituito dalla Direttiva 95/46/CE. Oltre al principio di segretezza - secondo cui l'azienda non può per alcun
motivo accedere ai file personali di un dipendente anche se questi sono
archiviati sul computer aziendale - sussistono altri principi inderogabili.
Tra questi, il principio di finalità: i dati personali dei dipendenti devono
essere raccolti per finalità che abbiano carattere di legittimità e che siano
esplicite e specifiche; il principio di trasparenza: obbligo di rendere noti
quali dati personali l'azienda conserva e a quale scopo, consentendone
comunque ai lavoratori l'accesso. A seguire: principio di legittimità
riferita ai dati raccolti; di proporzionalità: i dati non possono essere
eccedenti rispetto agli scopi per cui vengono raccolti e conservati.
Altri principi fondamentali sono: accuratezza e conservazione dei dati: le
informazioni devono essere precise e aggiornate quando necessario; il
principio di sicurezza: i dati sono un bene sensibile e come tale vanno
gestiti in totale sicurezza per evitarne la divulgazione e l'accesso ai non
autorizzati. Infine, il principio di capacità e correttezza del personale
incaricato: i dati personali devono essere raccolti e custoditi da personale
formato appositamente a questo scopo.
Controllo dei dipendenti
Il controllo informatico dei dipendenti deve essere esercitato nella
massima trasparenza, senza che i controllati ne abbiano contezza. Si
attua solo se non è possibile ottenere i medesimi risultati con metodi
tradizionali di sorveglianza, e il trattamento dei dati deve essere equo
(non devono essere la "parte debole" del rapporto con il datore di lavoro!)
e adeguato alle preoccupazioni a cui si cerca di dare una risposta: in
pratica, non si possono intraprendere azioni di controllo dei dati per fatti
di poco conto o di scarsa importanza per l'azienda.
Per quanto concerne il controllo della email dei dipendenti e dell'uso
di Internet, il Garante Privacy ha elaborato un'apposita delibera, basata
sul principio di necessità: è necessario impostare i software
informatici in modo che l'utilizzo dei dati personali sia ridotto al minimo,
privilegiando dati anonimi o ricollegabili al proprietario solo se
necessario. Il lavoratore deve essere informato del trattamento dei propri
dati, e deve conoscere i modi di utilizzo degli strumenti tecnologici e le
metodologie di controllo adottate.
di Filippo Davide Martucci - pmi.it
Studio di Consulenza nella Gestione delle Risorse Umane e Controllo di Gestione nella Pubblica Amministrazione
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lunedì 5 settembre 2011
venerdì 1 aprile 2011
PUBBLICAZIONE DEI DATI DEI DIPENDENTI E GESTIONE DEL SITO INTERNET
Le linee guida - che dopo essere state sottoposte a una consultazione generale sono
state pubblicate sulla «Gazzetta Ufficiale» 64 del 19 marzo - affrontano diversi
aspetti della diffusione online di documenti pubblici, con la consapevolezza che i vari
interventi legislativi succedutisi nel tempo hanno introdotto una «forte
frammentazione della disciplina». Il presupposto da cui partire è che possono essere
messi sulla rete atti contenenti dati personali solo se c'è una legge o un regolamento
che lo prevede, fermo restando il divieto di pubblicazione dei dati sulla salute. Per
esempio, una sicura copertura legislativa è data dal programma triennale sulla
trasparenza. In particolare, dalle linee guida predisposte in tal senso dalla Civit. Le
pubbliche amministrazioni possono anche valutare di andare oltre le indicazioni della
Civit, ma in questo caso devono motivare adeguatamente la scelta nell'ambito del
programma triennale. E comunque, devono sempre tenere presenti i principi di
necessità, proporzionalità e pertinenza dei dati pubblicati. Più nel dettaglio e
limitandosi ad alcuni esempi, possono finire su internet informazioni sulle retribuzioni
dei dipendenti pubblici o sulla loro produttività (ma non, per esempio, notizie
particolari sui cedolini dello stipendio, su aspetti particolari della dichiarazione dei
redditi, sugli orari di entrata e uscita, sul domicilio privato). Possono, altresì, essere
messi online i curricula di dirigenti, segretari comunali e provinciali, ma non in maniera
integrale: vanno, infatti, omessi i dati strettamente personali non pertinenti con le
finalità della trasparenza. Via libera anche alla pubblicazione online, senza vincoli, dei
risultati delle prove di concorso e delle graduatorie fmali. È anche possibile pubblicare
altre informazioni, ma che devono essere accessibili, attraverso password o altri
filtri, solo a chi ha partecipato al concorso. Si pensi, per esempio, ai verbali o a
eventuali titoli di precedenza o preferenza accordati ad alcuni candidati. Il garante ha
inoltre raccomandato che tutte le informazioni siano rintracciabili attraverso
modalità di accesso interne al sito su cui vengono pubblicate, piuttosto che mediante
motori di ricerca esterni. E questo per evitare che i dati personali finiscano per
essere decontestualizzati e anche una volta diventati vecchi continuino a circolare per
internet, non garantendo il diritto all'oblio degli interessati. Altra raccomandazione è
che le informazioni stiano in rete per periodi ben precisi, che, laddove non siano
espressamente indicati da disposizioni di legge, devono essere le stesse pubbliche
amministrazioni a individuare.
Il Sole 24 Ore - Cherchi Antonello
state pubblicate sulla «Gazzetta Ufficiale» 64 del 19 marzo - affrontano diversi
aspetti della diffusione online di documenti pubblici, con la consapevolezza che i vari
interventi legislativi succedutisi nel tempo hanno introdotto una «forte
frammentazione della disciplina». Il presupposto da cui partire è che possono essere
messi sulla rete atti contenenti dati personali solo se c'è una legge o un regolamento
che lo prevede, fermo restando il divieto di pubblicazione dei dati sulla salute. Per
esempio, una sicura copertura legislativa è data dal programma triennale sulla
trasparenza. In particolare, dalle linee guida predisposte in tal senso dalla Civit. Le
pubbliche amministrazioni possono anche valutare di andare oltre le indicazioni della
Civit, ma in questo caso devono motivare adeguatamente la scelta nell'ambito del
programma triennale. E comunque, devono sempre tenere presenti i principi di
necessità, proporzionalità e pertinenza dei dati pubblicati. Più nel dettaglio e
limitandosi ad alcuni esempi, possono finire su internet informazioni sulle retribuzioni
dei dipendenti pubblici o sulla loro produttività (ma non, per esempio, notizie
particolari sui cedolini dello stipendio, su aspetti particolari della dichiarazione dei
redditi, sugli orari di entrata e uscita, sul domicilio privato). Possono, altresì, essere
messi online i curricula di dirigenti, segretari comunali e provinciali, ma non in maniera
integrale: vanno, infatti, omessi i dati strettamente personali non pertinenti con le
finalità della trasparenza. Via libera anche alla pubblicazione online, senza vincoli, dei
risultati delle prove di concorso e delle graduatorie fmali. È anche possibile pubblicare
altre informazioni, ma che devono essere accessibili, attraverso password o altri
filtri, solo a chi ha partecipato al concorso. Si pensi, per esempio, ai verbali o a
eventuali titoli di precedenza o preferenza accordati ad alcuni candidati. Il garante ha
inoltre raccomandato che tutte le informazioni siano rintracciabili attraverso
modalità di accesso interne al sito su cui vengono pubblicate, piuttosto che mediante
motori di ricerca esterni. E questo per evitare che i dati personali finiscano per
essere decontestualizzati e anche una volta diventati vecchi continuino a circolare per
internet, non garantendo il diritto all'oblio degli interessati. Altra raccomandazione è
che le informazioni stiano in rete per periodi ben precisi, che, laddove non siano
espressamente indicati da disposizioni di legge, devono essere le stesse pubbliche
amministrazioni a individuare.
Il Sole 24 Ore - Cherchi Antonello
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