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mercoledì 28 settembre 2011

Incentivi e fondo decentrato

Matura responsabilità amministrativa in capo al dirigente che si liquida direttamente
le incentivazioni per il maggiore gettito derivante dalla lotta all'evasione Ici senza che
queste risorse siano state inserite nel fondo per la contrattazione decentrata della
dirigenza. È questo l'innovativo principio fissato dalla Corte dei conti della Puglia
(presidente Schlitzer e relatore Glinianski) con la sentenza n. 1066 del 20 settembre.
La sanzione è stata irrogata nella misura ridotta del 50% del compenso percepito in
ragione dell'utilitas comunque conseguita dall'ente a seguito dell'attività svolta dal
dirigente. L'importanza della sentenza è accresciuta dalla considerazione che i
principi in essa contenuti possono essere estesi a tutti i compensi previsti da
specifiche norme di legge, come l'incentivazione della realizzazione di opere
pubbliche, quello per i contenziosi vinti dagli avvocati dirigenti dell'ente eccetera. In
questo modo si sanziona un comportamento assai diffuso nelle pubbliche
amministrazioni, nonostante il testo unico sul lavoro pubblico, già nel 1993, abbia
stabilito che tutti i compensi ai dirigenti e ai dipendenti devono essere erogati
tramite il fondo per le risorse decentrate ed essere oggetto di contrattazione. In
contestazione non sono stati né la legittimità del compenso né la partecipazione del
dirigente, in quanto il legislatore e il contratto nazionale lo prevedono espressamente.
Il fatto che il Comune nel proprio Peg (strumento peraltro palesemente inadatto a
contenere scelte di questo tipo) avesse previsto l'erogazione diretta di questo
compenso non vale come esimente dalla maturazione di responsabilità: queste scelte
non hanno infatti «forza derogatoria delle disposizioni contrattuali, unica fonte
legittimata a disciplinare la materia è il contratto collettivo che impone che al
finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato dei dirigenti si provvede
mediante l'utilizzo, tra l'altro, anche delle risorse che specifiche disposizioni di legge
finalizzano all'incentivazione di prestazioni o risultati raggiunti…( articolo 37 del
contratto nazionale del 10 aprile 1996) e che a tal fine sono utilizzate le risorse che
specifiche disposizioni di legge finalizzano all'incentivazione della dirigenza (articolo
26 del contratto nazionale del 23 dicembre 1999)». La sentenza rileva che la ratio
della disposizione con cui si richiede l'inserimento nel fondo di queste voci è quella di
consentire alle amministrazioni di effettuare «una preliminare valutazione della loro
incidenza sulla retribuzione di risultato spettante al dirigente interessato».
di Arturo Bianco – Il Sole 24Ore

sabato 17 settembre 2011

Articolo 8 e licenziamenti: pro e contro

L'articolo 8 del Decreto legge per la Manovra Finanziaria, approvato ieri sera con voto di fiducia con 165 sì, 141 no e 3 astenuti, sta scatenando allarmismi e roventi polemiche, ma cosa prevede esattamente? Porterà con sé licenziamenti selvaggi? Quali sono i pro e quali i contro? Vediamo di fare chiarezza.

In sostanza l'articolo 8 contenuto nella Manovra Finanziaria prevede che: i contratti aziendali e territoriali possano operare «anche in deroga alle disposizioni di legge» ed alle «relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro», quindi anche alle tutele dello Statuto dei lavoratori; le intese valide sono solo quelle «sottoscritte a livello aziendale o territoriale da associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale»; le intese aziendali non potranno in alcun modo andare contro la Costituzione e dovranno rispettare i vincoliimposti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro.

La preoccupazione maggiore è che le aziende possano sfruttare tale norma per ricorrere a licenziamenti senza giusta causa, aggirando l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

La Cisl sottolinea che questo pericolo non esiste perché, come stabilito nell'articolo 8, solo i sindacati maggiormente rappresentativi - in sostanza Cgil, Cisl e Uil - potranno sottoscrivere deroghe a fronte di situazioni eccezionali, in più queste dovranno essere condivise dalle Rsu e votate dai lavoratori. Senza l'approvazione della maggioranza di tutti i soggetti coinvolti le deroghe non saranno valide.

Una lettura dell'articolo 18 condivisa da il presidente di Confindustria Veneto, Andrea Tomat, il quale afferma che «il rafforzamento della contrattazione è l'obiettivo dell'articolo 8» sottolineando come le imprese per competere abbiano «bisogno di flessibilità, ma al contempo di stabilità» e che «la nuova norma contenuta nella Manovra Finanziaria, non contraddice, ma riconosce e rafforza l'accordo interconfederale del 28 giugno scorso. Tale accordo rimane il nostro autonomo punto di riferimento nelle relazioni industriali. L'articolo 8 è pertanto un riconoscimento forte del ruolo della contrattazione con finalità, che per prime, saranno oggetto d'intesa fra le parti».

Anche la Uil ribadisce che «il testo recepisce i contenuti dell’accordo interconfederale di giugno, evitando, come da noi sollecitato la costituzione di sindacati di comodo e limitando il potere di deroga ai soli sindacati comparativamente più rappresentativi, ribadendo anche il principio maggioritario dell’accordo del 28 giugno».

Per il ministro del lavoro Maurizio Sacconi si tratta di una misura «rivoluzionaria» grazie alla quale «l'Italia ha davvero la possibilità di uscire dal Novecento ideologico» aiutando a far crescere imprese e lavoro nel nostro Paese.

Non sente ragioni invece la Cgil, che per voce di Susanna Camusso ribadisce le motivazioni dello sciopero indetto per martedì prossimo: «le modifiche della maggioranza di governo all'articolo 8 indicano la volontà di annullare il contratto collettivo nazionale di lavoro e di cancellare lo Statuto dei lavoratori, e non solo l'articolo 18, in violazione dell'articolo 39 della Costituzione e di tutti i principi di uguaglianza sul lavoro che la Costituzione stessa richiama».
di Noemi Ricci - www.pmi.it

domenica 17 luglio 2011

Vincolo al fondo decentrato

Nella precedente circolare del 7 luglio 2011 abbiamo illustrato gli indirizzi
applicativi di interesse per gli enti locali, forniti dalla Ragioneria Generale dello Stato
con la circolare n. 12 del 15/04/2011, con riferimento alle singole disposizioni
previste dall’articolo 9 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
nella L. 30 luglio 2010, n.122, relative al contenimento dei trattamenti economici dei
dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
Per quanto riguarda in particolare le indicazioni sull’applicazione dell’art. 9,
comma 2-bis, che, come noto, dispone da un lato il blocco del fondo per le risorse
destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello
dirigenziale, per il triennio 2011-2012-2013, rispetto al corrispondente importo
dell’anno 2010, e dall’altro la relativa decurtazione automatica in misura proporzionale
alla riduzione del personale in servizio, la Ragioneria Generale dello Stato non fornisce
in modo esaustivo tutte le indicazioni operative necessarie per la relativa applicazione,
generando ulteriori problemi interpretativi.
Come già anticipato, in questa circolare proveremo ad analizzare nel dettaglio
tutte le relative criticità fornendo alcune riflessioni e, ove possibile, indicazioni
operative, nel rispetto del dettato normativo, ad integrazione di quanto già illustrato
nella nostra precedente circolare del 5 maggio 2011 in merito ai vincoli per la
costituzione del fondo per l’anno 2011.
Ammontare delle risorse soggette a blocco:
come già anticipato nella nostra precedente circolare, il primo problema riguarda
l’ammontare delle risorse soggette a blocco; come precisato dalla Ragioneria Generale
dello Stato, la limitazione imposta dalla legge riguarda il fondo delle risorse per il
trattamento accessorio complessivamente costituito.
Problema: la circolare non affronta la questione dell’inclusione o meno delle risorse
di cui all’art. 15, comma 1, lett. k, CCNL 1/4/1999 (incentivi progettazioni interne,
recupero evasione ICI, ecc.) nel suddetto blocco. Rimane pertanto tale dubbio,
suffragato anche da contrastanti pareri delle varie sezioni delle Corte dei Conti.
L’orientamento della Ragioneria Generale è quello probabilmente di non prevedere
alcuna eccezione rispetto a quanto letteralmente disposto dal dettato normativo che,
si ricorda, fa riferimento a “l’ammontare complessivo delle risorse per il trattamento
accessorio”.
L’orientamento da noi condiviso è quello che esclude le risorse di cui all’art. 15, comma
1, lett. k, dal blocco di cui all’art. 9, comma 2-bis, per le ragioni espresse nella nostra
circolare Personale del 5 maggio 2011, per il cui contenuto ad essa si rimanda.
Tale tesi si rafforza ulteriormente se si considerano altresì le possibili conseguenze
che potrebbero derivare dall’interpretazione più restrittiva fornita dalla Ragioneria
Generale dello Stato:
1° caso: negli anni 2011-2012-2013 le risorse ex. art. 15, comma 1, lett. k, sono
inferiori a quelle dell’anno 2010.
Conseguenza: pur rimanendo nel limite del totale del fondo 2010, l’Ente potrebbe
aumentare le altre risorse variabili (ad. es. quelle previste dall’art. 15, commi 2 o 5); in
tal caso, però, si produrrebbe un aumento della spesa del personale (si ricorda infatti
che le risorse ex. art. 15, comma 1, lett. k sono escluse dal calcolo della spesa del
personale ai fini del contenimento), nonché un’eventuale maggiore spesa dovuta al
ricorso ad incarichi esterni.
2° caso: negli anni 2011-2012-2013 le risorse ex. art. 15, comma 1, lett. k, sono
superiori a quelle dell’anno 2010.
Conseguenza: per poter erogare tali compensi a pochi dipendenti per le attività
previste dalla legge (incentivi progettazioni interne, recupero evasione ICI, ecc.), che
peraltro si autofinanziano, l’Ente è costretto a ridurre altre risorse variabili (ad. es.
quelle previste dall’art. 15, commi 2 o 5) che potevano essere messe a disposizione per
tutto il personale; se poi l’Ente non ha altre risorse variabili da ridurre (si pensi al
caso di Enti che non hanno rispettato il Patto di stabilità nell’anno precedente, oppure
che hanno sforato la spesa di personale), si troverebbe comunque nell’impossibilità di
erogare tali maggiori risorse per rimanere entro il tetto del 2010.
In ogni caso, si ribadisce che in attesa, a questo punto, di un’eventuale pronuncia delle
Sezioni Riunite della Corte dei Conti, si consiglia di optare per una scelta prudente in
merito inserendo nella costituzione del fondo per l’anno 2011, come limite, la stessa
quota prevista per l’anno 2010.
Decurtazione automatica delle risorse decentrate a seguito della riduzione
del personale in servizio:
gli altri problemi applicativi di quanto espresso dalla Ragioneria Generale dello Stato
riguardano la riduzione del fondo in proporzione al personale in servizio. Come già
analizzato, la circolare n. 12 del 15/04/2011 della Ragioneria Generale dello Stato
propone una formula matematica: per ciascuno degli anni 2011-2012-2013, occorre
confrontare il valore medio dei presenti nell’anno di riferimento rispetto al valore
medio relativo all’anno 2010, intendendosi per valore medio la semisomma (o media
aritmetica) dei presenti, rispettivamente, al 1° gennaio e al 31 dicembre di ciascun
anno. La variazione percentuale tra le due consistenze medie di personale
determinerà la misura della variazione da operarsi sul fondo (per la relativa formula
matematica si veda la nostra precedente circolare).
Problema n. 1: la consistenza media del personale in servizio per ciascuno degli anni
2011-2012 e 2013 si può calcolare solamente alla fine di ciascun anno di riferimento,
mentre la costituzione del fondo in linea di massima deve essere fatta all’inizio di
ciascun anno di riferimento. Quando si procede alla riduzione del fondo? Si ritiene che
la costituzione del fondo dovrà essere effettuata come previsto nell’anno di
riferimento utilizzando risorse pari a quelle del 2010 (se non si prevedono cessazioni).
Tale costituzione dovrà essere poi in ogni caso rivista nei primi mesi dell’anno
successivo prima di erogare tutti i compensi accessori legati alla produttività e
procedere alla relativa decurtazione che, come previsto dalla norma, è “automatica”.
Problema n. 2: se un dipendente cessa alla fine dell’anno 2011, ad esempio con
decorrenza 31/12/2011, si deve procedere alla decurtazione del fondo per l’anno 2011
per sei mesi come prevede la formula della media, anche se di fatto tale dipendente è
stato in servizio tutto l’anno. Nel caso si ritiene più condivisibile la posizione della
Corte dei Conti della Lombardia espresso con il parere n. 324/2011, secondo la quale la
riduzione per i cessati in corso d’anno deve avvenire con il criterio del pro rata
temporis e non come media dei dipendenti in servizio.
Problema n. 3: quali risorse vanno decurtate: le stabili, le variabili o in misura
proporzionale le stabili e le variabili? Nella nostra circolare del 5 maggio 2011 avevamo
ipotizzato, come soluzione per noi più corretta, la riduzione proporzionale delle risorse
stabili e delle risorse variabili. Pur mantenendo tale posizione, tale ipotesi è fattibile a
determinate condizioni. Infatti, negli Enti che avessero già esaurito il budget delle
risorse stabili, qualora si verificasse ad esempio la cessazione di un dipendente in
posizione iniziale di accesso alla categoria A1, B1, C1, D1, non potendo mettere in
discussione istituti giuridici già concessi al restante personale (es: progressioni
orizzontali), non risulta fattibile alcuna decurtazione del fondo parte stabile.
Viceversa, sempre qualora si verificasse il caso di cui sopra, se l’Ente non avesse
risorse variabili da decurtare (si pensi al caso di Enti che non hanno rispettato il Patto
di stabilità nell’anno precedente, oppure che hanno sforato la spesa di personale),
risulterebbe fattibile solo la riduzione della parte stabile. La situazione si complica nel
caso estremo in cui l’Ente avesse esaurito il budget della parte stabile e non avesse
risorse variabili da decurtare, non risulterebbe fattibile alcuna riduzione del fondo.
Tenendo presente che l’unica certezza è che il totale del fondo per l’anno di
riferimento deve essere automaticamente ridotto in caso di riduzioni di personale in
servizio e non essendoci alcuna indicazione precisa su quali risorse vadano decurtate,
si ritiene che in linea di principio sia più corretta la riduzione proporzionale delle
risorse stabili e delle risorse variabili. Qualora questo non fosse possibile, la riduzione
potrà essere operata, per i casi sopra esposti, o sulle risorse stabili o su quelle
variabili. Nel caso estremo in cui l’Ente avesse esaurito il budget della parte stabile e
non avesse risorse variabili da decurtare, si dovrà dare atto che non risulta fattibile
alcuna riduzione del fondo.
Problema n. 4: se il dipendente che cessa percepisce un salario accessorio inferiore
alla media (si pensi ad esempio allo stesso caso di cui sopra, ossia ad un dipendente in
posizione iniziale di accesso alla categoria A1, B1, C1, D1, senza altre indennità), si
crea uno squilibrio nel fondo in quanto la decurtazione in misura pari al valore medio
risulta superiore al risparmio reale. Si dovranno rivedere pertanto al ribasso le
risorse a beneficio degli altri dipendenti, ove possibile (si vedano ad esempio i casi di
cui sopra).
Problema n. 5: la Circolare nulla dice su cosa accade nel fondo se l’ente procedesse
alla sostituzione del dipendente cessato nel 2011 nel corso del 2012, come è ammesso
negli enti non soggetti al patto o per le sostituzioni di personale di vigilanza negli enti
soggetti al patto.
Si ribadisce quanto espresso nella circolare del 5 maggio, ossia che la norma riguarda
la riduzione di personale e non le cessazioni, pertanto si ritiene che il fondo non vada
decurtato nel caso in cui l’Ente proceda alla sostituzione di personale cessato anche se
in anni successivi. Occorre però che le sostituzioni siano previste nel documento di
programmazione del fabbisogno di personale, dove, come si ricorda, devono essere
previste anche le eventuali risorse ex. art. 15, comma 5, CCNL 1/04/1999.
Maggiori problemi li hanno i Comuni soggetti al patto per i quali è prevista la
sostituzione di personale nei limiti del 20% della spesa del personale cessato. Per
questi Enti infatti l’art. 9, comma 11, D.L. 78/2010 prevede, nel caso tale 20% non
consenta di procedere ad alcuna assunzione, di cumulare nel tempo queste quote al
fine di raggiungere l’unità. Seguendo il calcolo proposto dalla Ragioneria Generale dello
Stato, però, il fondo si riduce nel tempo, con la conseguenza che quando l’Ente è
legittimato ad effettuare l’assunzione, lo stesso non si può aumentare. In ogni caso, a
noi sembrerebbe più corretta una soluzione, come quella da noi ipotizzata nella
circolare del 5 maggio, che preveda la riduzione del fondo per una quota
corrispondente ad ogni dipendente non sostituito o a parte di esso.
www.entionline.it

domenica 19 giugno 2011

Contrattazione decentrata e blocco aumenti

L'adozione dei fondi per la contrattazione decentrata integrativa nei singoli enti locali

è praticamente impossibile perché mancano le istruzioni sull'applicazione del tetto non

superiore al 2010 e sulla riduzione in caso di diminuzione del numero dei dipendenti in

servizio. Tale ritardo mette in dubbio la stessa possibilità di stipulare i contratti

decentrati integrativi per l'anno 2011. L'annunciata circolare della Ragioneria generale

dello stato tarda infatti a essere emanata e anzi sembra difficile che ciò possa

avvenire in tempi brevi: se infatti sarà confermata l'indiscrezione per cui sul suo

testo la Corte dei conti ha formulato osservazioni, ci vorrà parecchio tempo per avere

una base di riferimento. Alle singole amministrazioni, per evitare di trovarsi in una

condizione di impasse, che potrebbe determinare effetti pesanti sulla quantificazione

delle risorse destinate alla contrattazione, appare utile avanzare la proposta di

definire un contratto ponte con le organizzazioni sindacali, così da destinare le

risorse necessarie per il pagamento delle indennità vincolate dal contratto nazionale,

di dettare i principi per la ripartizione dei compensi collegati alla contrattazione

decentrata e di adottare gli obiettivi necessari per l'assegnazione della produttività.

La circolare 40/2010 della Ragioneria generale dello stato ha chiarito che la

retribuzione individuale di anzianità, e implicitamente gli assegni ad personam, in

godimento da parte dei dipendenti cessati dal servizio non possono andare a integrare

la parte stabile del fondo per le risorse decentrate. Non è chiaro se nel fondo possono

confluire le economie derivanti dalla mancata utilizzazione integrale del fondo del

2010 che eccedono l'analoga cifra derivante dai risparmi 2009 confluita nel fondo

2010. In senso negativo si è espressa la sezione regionale di controllo della Corte del

Veneto con il parere n. 285/2011. Lo stesso parere ha esteso tale interpretazione

anche ai risparmi derivanti dalla mancata integrale utilizzazione del fondo per il lavoro

straordinario. Il parere vieta anche l'inserimento in aumento rispetto all'anno 2010

delle risorse derivanti dalla incentivazione della realizzazione di opere pubbliche, dai

maggiori incassi Ici e dalle vittorie in sede processuale. La sezione regionale di

controllo della Corte dei conti del Piemonte, parere n. 5/2011, applica tale principio

anche alla incentivazione dei vigili urbani tramite una quota dei proventi derivanti dalle

sanzioni per l'inosservanza del codice della strada, con ciò rendendo di fatto

inutilizzabile nel triennio 2011/2013 tale istituto. Non è in alcun modo chiaro se la

riduzione del fondo per le diminuzioni di personale debba essere effettuata sulla base

del saldo 2010 tra assunzioni e cessazioni ovvero se tale operazione debba essere

effettuata con il saldo 2011. Se si opta per la seconda soluzione si pone il problema di

come tenere conto del periodo del 2011 in cui tali unità di dipendenti continuano ad

essere in servizio. Per qualunque delle due soluzioni si opti si deve chiarire se le

assunzioni che, in modo parziale negli enti soggetti al patto di stabilità ed in modo

integrale negli enti non soggetti, possono essere effettuate nell'anno successivo,

vadano a incidere sulla diminuzione del fondo. Si può considerare acquisito che il taglio

non deve essere fatto avendo come base il trattamento economico accessorio in

godimento da parte dei cessati, ma in modo proporzionale, cioè togliendo dal fondo

risorse pari alla incidenza percentuale delle cessazioni sul numero dei dipendenti in

servizio a tempo indeterminato. È opportuno rilevare, a latere, che la circolare della

funzione pubblica 22 febbraio 2011, avallata dalla ragioneria generale dello stato,

sembra consentire alle amministrazioni di conteggiare nei risparmi derivanti dalle

cessazioni anche la quota di diminuzione del fondo che matura. In queste condizioni

costituire il fondo deve essere definito come un azzardo, ma si deve anche tenere

conto del fatto che difficilmente nel 2012 potranno essere riportate le eventuali

economie del fondo 2011, per cui è bene che tali risorse siano utilizzate. La soluzione

migliore è quella di stipulare un contratto decentrato integrativo «ponte» per il 2011,

che in attesa della costituzione del fondo consenta la ripartizione di una buona parte

delle sue risorse, diciamo prudenzialmente nell'ordine dello 80/90%. Esse andrebbero

destinate al finanziamento delle indennità disciplinate interamente dai Ccnl (turno,

reperibili, compensi per giornate festive) e di quelle disciplinate dal Ccdi

(produttività, specifiche responsabilità etc). Per la produttività ci si potrebbe

riservare la integrazione al momento della definizione del fondo le amministrazioni

dovrebbero definire gli obiettivi ed i criteri di valutazione, così da renderne possibile

la erogazione.

Giuseppe Rambaudi – Italia Oggi

venerdì 1 aprile 2011

NUOVO SISTEMA DELLE RELAZIONI SINDACALI

Messa in soffitta definitivamente la stagione della contrattazione, archiviata dalla


legge Brunetta (dlgs 150/2009), le sole forme consentite di partecipazione dei

sindacati alle scelte strategiche delle pubbliche amministrazioni saranno

l'informazione (preventiva e/o successiva), la consultazione e l'esame congiunto. A

scrivere le nuove regole del gioco, dopo l'intesa sottoscritta il 4 febbraio scorso tra

governo e sindacati per regolamentare il regime transitorio conseguente al blocco del

rinnovo dei Contratti pubblici, c'ha pensato lo stesso ministro della funzione pubblica

che ha inviato all'Aran l'atto di indirizzo per la stipulazione dell'accordo quadro.

La bozza messa a punto da Brunetta (che ItaliaOggi e' in grado di anticipare) non

risolve tutti i problemi, ma mette alcuni importanti punti fermi. Il punto di partenza

non cambia. Il futuro assetto delle relazioni sindacali dovrà «consentire il

rafforzamento del sistema produttivo, lo sviluppo dei fattori per l'occupabilità e il

miglioramento delle retribuzioni reali di tutti i lavoratori». E ancora, si legge nella

bozza, si dovranno creare nei luoghi di lavoro «condizioni confacenti agli obiettivi

generali dell'economia, perseguendo l'incremento dei redditi dei cittadini, delle

imprese e degli stessi dipendenti pubblici attraverso la spinta alla competitività,

all'innovazione e alla flessibilità produttiva». Vediamo allora come e in che modo si

articoleranno le relazioni sindacali. L'informazione preventiva e/o successiva ai

sindacati dovrà essere la regola in materia di organizzazione degli uffici, gestione dei

rapporti di lavoro e trasferimenti di azienda. La consultazione dovrà invece essere

attivata nelle materie previste dall'art. 6 comma 1 del Testo unico del pubblico

impiego (organizzazione e disciplina degli uffici, consistenza e variazione delle

dotazioni organiche). Ma, spiega l'atto di indirizzo, la consultazione «non dovrà

compromettere la funzionalità operativa, la tempestività e l'efficacia dell'azione

amministrativa». L'esame congiunto, infine, dovrà es-sere il modello relazionale per

tutte le materie non indicate dall'art.5 comma 2 del dlgs 165/2001 che attengano alla

tutela della personalità del lavoratore (mobilità intercompartimentale pari opportunità

e mobbing). Al pari della consultazione, anche le modalità di esercizio dell'esame

congiunto dovranno essere tali da «non compromettere la funzionalità operativa, la

tempestività e l'efficacia dell'azione amministrativa». E la decisione finale della

pubblica amministrazione «non potrà essere condizionata in alcun modo da preventive

forme di assenso da parte delle organizzazioni sindacali».

Italia Oggi - Francesco Cerisano

martedì 8 febbraio 2011

Vincoli alla contrattazione decentrata

Non superare il fondo del 2010 e tagliarlo in caso di diminuzioni del numero dei


dipendenti: sono questi i vincoli che tutti gli enti locali devono rispettare nella

costituzione dei fondi per la contrattazione decentrata dei dirigenti e del personale.

Questi vincoli si applicano sia alla parte stabile sia a quella variabile e si sommano al

tetto al trattamento economico individuale. Il primo obbligo da rispettare è quello di

non superare nel triennio 2011/2013 la consistenza del fondo per le risorse

decentrate del 2010.

La disposizione, contenuta nella prima parte del comma 2-bis dell'articolo 9 del dl n.

78/2010, non modifica le regole per la costituzione del fondo, che rimangono fissate

dai Ccnl, in particolare da quelli dell'1/4/1999 e 22/1/2004 per il personale e da

quello del 23/12/1999 per i dirigenti. L'importante è che dall'applicazione di tali

regole non discendano oneri aggiuntivi: nel caso in cui ciò si realizzasse occorre

intervenire per tagliarne l'ammontare complessivo. Bisogna prestare particolare cura

all'utilizzazione della possibilità di incrementare il fondo per la realizzazione di nuovi

servizi e/o l'ampliamento-miglioramento di quelli esistenti, cioè dell'articolo 15,

comma 5, per il personale e dell'articolo 23, comma 3, per i dirigenti. Tale possibilità

non è vietata, neppure indirettamente, ma non può determinare incrementi del totale

complessivo delle risorse disponibili nel fondo. Rimane da chiarire se le risorse

previste da specifiche norme di legge, ricorrendone le condizioni, vadano aumentate,

visto che in buona parte esse non vanno comprese nella spesa per il personale (come

per esempio le incentivazioni per la realizzazione di opere pubbliche e Ici), ovvero se

sono comprese nel tetto. Alla determinazione del fondo senza aumenti devono seguire

i tagli nel caso di diminuzione del numero dei dipendenti. Tale riduzione è obbligatoria

e deve essere effettuata in modo automatico, cioè direttamente da parte dei

dirigenti e senza che sia necessaria alcuna forma di contrattazione preventiva: i

soggetti sindacali hanno diritto a essere informati preventivamente rispetto all'avvio

della contrattazione, ma non è loro riservato alcuno spazio di intervento nel merito

delle scelte, salvo che in termini di controllo. Il metodo da applicare è il seguente: le

amministrazioni quantificano il numero dei dirigenti e dei dipendenti in servizio a

tempo indeterminato alla data del 31 dicembre 2010, adempimento che devono

peraltro effettuare per il conto del personale. Il passaggio successivo è quello della

previsione del numero delle cessazioni e delle assunzioni che saranno effettuate nel

corso del 2011: anche in questo caso si possono utilizzare le rilevazioni che vengono

effettuate ai fini della programmazione del fabbisogno del personale. Nel caso in cui

tale saldo sia negativo occorre tagliare la consistenza del fondo. Ovviamente prima

della fine dell'anno la previsione deve essere sostituita dalla puntuale rilevazione. Si

deve sottolineare che per il legislatore non hanno alcuna influenza le ragioni delle

cessazioni e delle assunzioni: per cui le mobilità in uscita determinano una riduzione

del numero dei dipendenti e quelle in entrata il loro aumento. Così come non sembra

assumere alcun rilievo la variazione delle categorie e dei profili professionali. Il taglio

del fondo deve essere effettuato, ci dice espressamente la norma, in modo

proporzionale e riferito all'insieme delle sue risorse, senza alcuna considerazione per

il salario accessorio in godimento da parte dei cessati. Dal che si arriva alla

conclusione che è necessario assumere il dato della incidenza media dei dipendenti sul

fondo e del taglio in modo corrispondente: per esempio se il fondo per le risorse

decentrate è complessivamente di 200 mila euro e i dipendenti sono 100, l'incidenza

media è di 2 mila euro e per ogni diminuzione il taglio deve avere quella dimensione.

Nel primo anno, il taglio deve essere proporzionato ai mesi di cessazione, mentre negli

anni successivi esso va operato in modo pieno.

Giuseppe Rambaudi