venerdì 1 aprile 2011

NUOVO SISTEMA DELLE RELAZIONI SINDACALI

Messa in soffitta definitivamente la stagione della contrattazione, archiviata dalla


legge Brunetta (dlgs 150/2009), le sole forme consentite di partecipazione dei

sindacati alle scelte strategiche delle pubbliche amministrazioni saranno

l'informazione (preventiva e/o successiva), la consultazione e l'esame congiunto. A

scrivere le nuove regole del gioco, dopo l'intesa sottoscritta il 4 febbraio scorso tra

governo e sindacati per regolamentare il regime transitorio conseguente al blocco del

rinnovo dei Contratti pubblici, c'ha pensato lo stesso ministro della funzione pubblica

che ha inviato all'Aran l'atto di indirizzo per la stipulazione dell'accordo quadro.

La bozza messa a punto da Brunetta (che ItaliaOggi e' in grado di anticipare) non

risolve tutti i problemi, ma mette alcuni importanti punti fermi. Il punto di partenza

non cambia. Il futuro assetto delle relazioni sindacali dovrà «consentire il

rafforzamento del sistema produttivo, lo sviluppo dei fattori per l'occupabilità e il

miglioramento delle retribuzioni reali di tutti i lavoratori». E ancora, si legge nella

bozza, si dovranno creare nei luoghi di lavoro «condizioni confacenti agli obiettivi

generali dell'economia, perseguendo l'incremento dei redditi dei cittadini, delle

imprese e degli stessi dipendenti pubblici attraverso la spinta alla competitività,

all'innovazione e alla flessibilità produttiva». Vediamo allora come e in che modo si

articoleranno le relazioni sindacali. L'informazione preventiva e/o successiva ai

sindacati dovrà essere la regola in materia di organizzazione degli uffici, gestione dei

rapporti di lavoro e trasferimenti di azienda. La consultazione dovrà invece essere

attivata nelle materie previste dall'art. 6 comma 1 del Testo unico del pubblico

impiego (organizzazione e disciplina degli uffici, consistenza e variazione delle

dotazioni organiche). Ma, spiega l'atto di indirizzo, la consultazione «non dovrà

compromettere la funzionalità operativa, la tempestività e l'efficacia dell'azione

amministrativa». L'esame congiunto, infine, dovrà es-sere il modello relazionale per

tutte le materie non indicate dall'art.5 comma 2 del dlgs 165/2001 che attengano alla

tutela della personalità del lavoratore (mobilità intercompartimentale pari opportunità

e mobbing). Al pari della consultazione, anche le modalità di esercizio dell'esame

congiunto dovranno essere tali da «non compromettere la funzionalità operativa, la

tempestività e l'efficacia dell'azione amministrativa». E la decisione finale della

pubblica amministrazione «non potrà essere condizionata in alcun modo da preventive

forme di assenso da parte delle organizzazioni sindacali».

Italia Oggi - Francesco Cerisano

INCARICHI ARTICOLO 110 DEL TESTO UNICO SUGLI ENTI LOCALI

Gli incarichi dirigenziali a tempo determinato possono essere attribuiti solo entro


l'8% della dotazione organica dirigenziale, mentre resta ancora applicabile il comma 2

dell'articolo 110 del dlgs 267/2000. Sono queste le conclusioni tratte dalla Corte dei

conti, sezioni riunite, con i pareri 8 marzo 2011, n. 12, 13 e 14.

Le prime due deliberazioni delle sezioni riunite pongono, di fatto, fine all'applicabilità

dell'articolo 110, comma 1, del dlgs 267/2000, ai sensi del quale era possibile coprire

il 100% dei posti della dotazione organica dirigenziale con dirigenti «esterni».

La diretta applicabilità agli enti locali dell'articolo 19, comma 6, del dlgs 165/2001,

notano le sezioni riunite, è confermata da quanto ha indicato la Corte costituzionale

con la recente sentenza n. 324/2010, la quale, eliminando ogni residua incertezza, ha

confermato l'applicazione immediata e diretta delle citate norme sia nell'ordinamento

delle regioni sia in quello degli enti locali, cui spetta pertanto un corrispondente

obbligo di adeguamento.

Pertanto, la percentuale di dirigenti esterni utilizzabili dagli enti locali è solo quella

dell'8% della dotazione dirigenziale, considerando che la contrattazione collettiva di

comparto non prevede la distinzione tra dirigenza di prima e di seconda fascia.

Secondo le sezioni riunite, invece, sopravviverebbe la possibilità di assegnare incarichi

dirigenziali extra dotazione organica, ai sensi dell'articolo 110, comma 2, del

dlgs 165/2001. Infatti, spiega il parere 14/2011, la disciplina di tale secondo comma

dell'articolo 110 appare diversa: essa risulta volta a sopperire a «esigenze gestionali

straordinarie che, sole, determinano l'opportunità di affidare funzioni, anche

dirigenziali, extra dotationem e quindi al di là delle previsioni della pianta organica

dell'ente locale che, invece, cristallizza il fabbisogno ordinario di risorse umane».

Italia Oggi - Luigi Oliveri

INCARICHI EXTRA DEI DIPENDENTI

Fatte salve alcune distinzioni ed eccezioni, i dipendenti di pubbliche amministrazioni


non possono svolgere incarichi non compresi nei compiti e doveri d'ufficio, che non

siano previsti o disciplinati dalla legge o da altre fonti normative, o che non siano

espressamente autorizzati. D'altro canto, il pubblico dipendente non può svolgere

attività o assumere incarichi affidatigli sia da un'altra pubblica amministrazione sia da

soggetti privati senza avere ottenuto un'apposita autorizzazione dal l'ente di

appartenenza. Infine, questi incarichi devono essere tali da escludere casi

d'incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell'interesse del buon andamento della

pubblica amministrazione. La materia è regolamentata dal testo unico del pubblico

impiego, il Dlgs 165 del 30 marzo 2001, e specificatamente dall'articolo 53.

Nell'ottica del contenimento del ricorso all'affidamento d'incarichi ai dipendenti delle

pubbliche amministrazioni, lo stesso articolo 53 ha recentemente subito delle

modifiche, a opera prima del Dl 112 del 25 giugno 2008 e poi del Dlgs 150 del 27

ottobre 2009. In particolare, è stato introdotto il comma 16-bis, secondo cui il

dipartimento della Funzione pubblica, tramite l'Ispettorato per la funzione pubblica,

può disporre verifiche del rispetto della normativa relativa all'affidamento degli

incarichi nella pubblica amministrazione. Inoltre, sempre con modifica introdotta dal

Dl 112/2008, le pubbliche amministrazioni sono tenute a comunicare al dipartimento

della Funzione pubblica, entro il 30 giugno di ciascun anno, i compensi percepiti dai

propri dipendenti anche per incarichi relativi a compiti e doveri d'ufficio.

Come prevede l'articolo 53 comma 7 del Dlgs 165/2001, dunque, gli incarichi retribuiti

non possono essere conferiti al dipendente senza autorizzazione da parte

dell'amministrazione di appartenenza.

L'amministrazione di appartenenza deve pronunciarsi sulla richiesta di autorizzazione

entro 30 giorni dalla ricezione della domanda. Va segnalato che, una volta decorso il

termine per provvedere, l'autorizzazione s'intende accordata solamente nel caso in

cui essa sia stata richiesta per incarichi che verrebbero conferiti da altre

amministrazioni pubbliche, mentre in ogni altra circostanza la decorrenza del termine

senza risposta da parte della Pa significa esattamente il contrario, vale a dire che

l'autorizzazione è da considerare definitivamente negata.

L'articolo 53 del Dlgs 165/2001, al comma 8, prevede anche che, se l'incarico è stato

conferito al dipendente senza l'autorizzazione dell'ente di appartenenza, l'importo

previsto come corrispettivo, ove gravi su fondi in disponibilità dell'amministrazione

conferente, è trasferito all'amministrazione di appartenenza del dipendente, con un

vincolo di destinazione al fondo di produttività oppure a fondi equivalenti. Nel caso in

cui, invece, l'incarico risulti provenire da soggetti privati o enti pubblici economici,

secondo quanto disposto dal comma 9 dell'articolo 53 del Dlgs 165/2001, che richiama

l'articolo 6, comma 1, del Dl 28 marzo 1997, n. 79 e successive modificazioni e

integrazioni, l'assenza di autorizzazione è sanzionata con una pena pecuniaria fissata

nel doppio degli emolumenti corrisposti, sotto qualsiasi forma, al dipendente

medesimo.

Ci sono attività o incarichi precisamente individuati dalla legge, che, pur essendo

retribuiti, possono essere svolti dal pubblico dipendente senza la necessità, da parte

sua, di ottenere l'autorizzazione dell'amministrazione datrice di lavoro. Queste

eccezioni sono indicate dal comma 6 del Dlgs 165/2001: l'elenco comprende la

collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, l'utilizzazione economica da

parte dell'autore o inventore di opere dell'ingegno e di invenzioni industriali, la

partecipazione a convegni e seminari, gli incarichi per i quali è corrisposto solo il

rimborso delle spese documentate, gli incarichi per lo svolgimento dei quali il

dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo, gli incarichi

conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti distaccati presso le stesse o in

aspettativa non retribuita e, infine, l'attività di formazione diretta ai dipendenti della

pubblica amministrazione. A questa lista si aggiungono gli incarichi gratuiti, visto che,

ai fini della necessaria autorizzazione, il legislatore ha inteso considerare, con la

norma in esame, i soli incarichi, anche se occasionali, per i quali sia comunque previsto,

sotto qualsiasi forma, un compenso.

Il Sole 24Ore - Massimo Sanguini

PUBBLICAZIONE DEI DATI DEI DIPENDENTI E GESTIONE DEL SITO INTERNET

Le linee guida - che dopo essere state sottoposte a una consultazione generale sono


state pubblicate sulla «Gazzetta Ufficiale» 64 del 19 marzo - affrontano diversi

aspetti della diffusione online di documenti pubblici, con la consapevolezza che i vari

interventi legislativi succedutisi nel tempo hanno introdotto una «forte

frammentazione della disciplina». Il presupposto da cui partire è che possono essere

messi sulla rete atti contenenti dati personali solo se c'è una legge o un regolamento

che lo prevede, fermo restando il divieto di pubblicazione dei dati sulla salute. Per

esempio, una sicura copertura legislativa è data dal programma triennale sulla

trasparenza. In particolare, dalle linee guida predisposte in tal senso dalla Civit. Le

pubbliche amministrazioni possono anche valutare di andare oltre le indicazioni della

Civit, ma in questo caso devono motivare adeguatamente la scelta nell'ambito del

programma triennale. E comunque, devono sempre tenere presenti i principi di

necessità, proporzionalità e pertinenza dei dati pubblicati. Più nel dettaglio e

limitandosi ad alcuni esempi, possono finire su internet informazioni sulle retribuzioni

dei dipendenti pubblici o sulla loro produttività (ma non, per esempio, notizie

particolari sui cedolini dello stipendio, su aspetti particolari della dichiarazione dei

redditi, sugli orari di entrata e uscita, sul domicilio privato). Possono, altresì, essere

messi online i curricula di dirigenti, segretari comunali e provinciali, ma non in maniera

integrale: vanno, infatti, omessi i dati strettamente personali non pertinenti con le

finalità della trasparenza. Via libera anche alla pubblicazione online, senza vincoli, dei

risultati delle prove di concorso e delle graduatorie fmali. È anche possibile pubblicare

altre informazioni, ma che devono essere accessibili, attraverso password o altri

filtri, solo a chi ha partecipato al concorso. Si pensi, per esempio, ai verbali o a

eventuali titoli di precedenza o preferenza accordati ad alcuni candidati. Il garante ha

inoltre raccomandato che tutte le informazioni siano rintracciabili attraverso

modalità di accesso interne al sito su cui vengono pubblicate, piuttosto che mediante

motori di ricerca esterni. E questo per evitare che i dati personali finiscano per

essere decontestualizzati e anche una volta diventati vecchi continuino a circolare per

internet, non garantendo il diritto all'oblio degli interessati. Altra raccomandazione è

che le informazioni stiano in rete per periodi ben precisi, che, laddove non siano

espressamente indicati da disposizioni di legge, devono essere le stesse pubbliche

amministrazioni a individuare.

Il Sole 24 Ore - Cherchi Antonello