mercoledì 28 settembre 2011

Incentivi e fondo decentrato

Matura responsabilità amministrativa in capo al dirigente che si liquida direttamente
le incentivazioni per il maggiore gettito derivante dalla lotta all'evasione Ici senza che
queste risorse siano state inserite nel fondo per la contrattazione decentrata della
dirigenza. È questo l'innovativo principio fissato dalla Corte dei conti della Puglia
(presidente Schlitzer e relatore Glinianski) con la sentenza n. 1066 del 20 settembre.
La sanzione è stata irrogata nella misura ridotta del 50% del compenso percepito in
ragione dell'utilitas comunque conseguita dall'ente a seguito dell'attività svolta dal
dirigente. L'importanza della sentenza è accresciuta dalla considerazione che i
principi in essa contenuti possono essere estesi a tutti i compensi previsti da
specifiche norme di legge, come l'incentivazione della realizzazione di opere
pubbliche, quello per i contenziosi vinti dagli avvocati dirigenti dell'ente eccetera. In
questo modo si sanziona un comportamento assai diffuso nelle pubbliche
amministrazioni, nonostante il testo unico sul lavoro pubblico, già nel 1993, abbia
stabilito che tutti i compensi ai dirigenti e ai dipendenti devono essere erogati
tramite il fondo per le risorse decentrate ed essere oggetto di contrattazione. In
contestazione non sono stati né la legittimità del compenso né la partecipazione del
dirigente, in quanto il legislatore e il contratto nazionale lo prevedono espressamente.
Il fatto che il Comune nel proprio Peg (strumento peraltro palesemente inadatto a
contenere scelte di questo tipo) avesse previsto l'erogazione diretta di questo
compenso non vale come esimente dalla maturazione di responsabilità: queste scelte
non hanno infatti «forza derogatoria delle disposizioni contrattuali, unica fonte
legittimata a disciplinare la materia è il contratto collettivo che impone che al
finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato dei dirigenti si provvede
mediante l'utilizzo, tra l'altro, anche delle risorse che specifiche disposizioni di legge
finalizzano all'incentivazione di prestazioni o risultati raggiunti…( articolo 37 del
contratto nazionale del 10 aprile 1996) e che a tal fine sono utilizzate le risorse che
specifiche disposizioni di legge finalizzano all'incentivazione della dirigenza (articolo
26 del contratto nazionale del 23 dicembre 1999)». La sentenza rileva che la ratio
della disposizione con cui si richiede l'inserimento nel fondo di queste voci è quella di
consentire alle amministrazioni di effettuare «una preliminare valutazione della loro
incidenza sulla retribuzione di risultato spettante al dirigente interessato».
di Arturo Bianco – Il Sole 24Ore

Assunzione dirigenti a termine



Quando la mano destra non sa quello che fa la sinistra: devono essere così

sintetizzate le indicazioni contraddittorie dettate nei giorni scorsi in materia di

assunzioni a tempo determinato di dirigenti. Viene aumentata dal Dlgs n. 141/ 2011 –

pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 22 agosto – la possibilità di assumere dirigenti

e responsabili a tempo determinato. Ma poi, questa norma viene smentita di fatto

dalle limitazioni imposte, ad appena una settimana di distanza, dal parere delle sezioni

riunite di controllo della Corte dei conti n. 46. Senza dimenticare che, al contrario,

poche settimane prima, il 9 agosto, la sezione di controllo della magistratura contabile

del Lazio aveva ampliato la possibilità di effettuare queste assunzioni. Il fatto che
dalle norme e dalle interpretazioni più autorevoli arrivino conclusioni opposte, crea

ovviamente sconcerto negli operatori. Ma soprattutto si determinano condizioni di

incertezza, di difficoltà spesso non sostenibili e, comunque, di stallo nelle attività

amministrative. Il Dlgs n. 141/2011, conosciuto come «correttivo della legge

Brunetta», accogliendo parzialmente le richieste delle associazioni degli enti locali, ha

portato, negli enti giudicati virtuosi in base alle disposizioni dettate dal Dl n. 98/2011,

al 18% della dotazione organica le assunzioni a tempo determinato di dirigenti e

responsabili per la copertura di posti vacanti. Una possibilità che tutte le altre Pa

continua a essere limitata all'8%, cui nello Stato si deve aggiungere il 10% per i

dirigenti generali. Nella stessa direzione di ampliamento di queste possibilità va il

parere della magistratura contabile del Lazio n. 47/ 2011, che esclude da questi limiti

le assunzioni di dirigenti e responsabili a tempo determinato effettuate tramite

concorso pubblico e che estende la base di calcolo su cui effettuare il conteggio delle

assunzioni di queste figure per posti extra dotazione organica. Il parere n. 46 delle

sezioni riunite di controllo della Corte dei conti, mutando parzialmente i propri

orientamenti e smentendo le indicazioni del dipartimento della Funzione pubblica, ha

incluso per gli enti locali soggetti al patto di stabilità gli oneri per tutte le assunzioni a

tempo determinato entro il tetto della spesa consentita per finanziare le assunzioni a

tempo indeterminato (si veda Il Sole 24 Ore del 6 e del 7 settembre). Cioè entro il

20% della spesa del personale cessato nell'anno precedente.

Il parere ha escluso da tale vincolo solo le assunzioni necessarie all'erogazione di

servizi essenziali e infungibili e le massime urgenze. E vanifica nei fatti, quanto meno

per la gran parte dei Comuni e delle Province, la possibilità di dare corso ad assunzioni

di dirigenti, visti i ridottissimi margini previsti per la copertura dei relativi oneri. Non

vi sono dubbi sull'applicazione di questo vincolo alle assunzioni dei dirigenti e dei

responsabili a tempo determinato ex articolo 110 del Dlgs n. 267/2000, così come

sulla estensione anche agli uffici di staff degli organi politici. E ciò in quanto il nuovo

tetto opera per tutte le assunzioni flessibili. Sicuramente qualche incarico

dirigenziale potrà rientrare nella necessità di consentire l'erogazione di servizi

essenziali e infungibili, si pensi a quelli di ragioneria, alla polizia locale, ai servizi

sociali eccetera. Ma è evidente l'effetto di drastica limitazione della possibilità di

dare corso alle assunzioni di figure essenziali per il buon funzionamento delle

amministrazioni, non solo nella forma del tempo indeterminato ma anche con rapporti

flessibili, il che determina in molti enti una condizione di non sostenibilità e

probabilmente spingerà qualcuno a forzare oltre misura le deroghe che il parere

consente.

di Arturo Bianco - Il Sole 24Ore

sabato 17 settembre 2011

Articolo 8 e licenziamenti: pro e contro

L'articolo 8 del Decreto legge per la Manovra Finanziaria, approvato ieri sera con voto di fiducia con 165 sì, 141 no e 3 astenuti, sta scatenando allarmismi e roventi polemiche, ma cosa prevede esattamente? Porterà con sé licenziamenti selvaggi? Quali sono i pro e quali i contro? Vediamo di fare chiarezza.

In sostanza l'articolo 8 contenuto nella Manovra Finanziaria prevede che: i contratti aziendali e territoriali possano operare «anche in deroga alle disposizioni di legge» ed alle «relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro», quindi anche alle tutele dello Statuto dei lavoratori; le intese valide sono solo quelle «sottoscritte a livello aziendale o territoriale da associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale»; le intese aziendali non potranno in alcun modo andare contro la Costituzione e dovranno rispettare i vincoliimposti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro.

La preoccupazione maggiore è che le aziende possano sfruttare tale norma per ricorrere a licenziamenti senza giusta causa, aggirando l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

La Cisl sottolinea che questo pericolo non esiste perché, come stabilito nell'articolo 8, solo i sindacati maggiormente rappresentativi - in sostanza Cgil, Cisl e Uil - potranno sottoscrivere deroghe a fronte di situazioni eccezionali, in più queste dovranno essere condivise dalle Rsu e votate dai lavoratori. Senza l'approvazione della maggioranza di tutti i soggetti coinvolti le deroghe non saranno valide.

Una lettura dell'articolo 18 condivisa da il presidente di Confindustria Veneto, Andrea Tomat, il quale afferma che «il rafforzamento della contrattazione è l'obiettivo dell'articolo 8» sottolineando come le imprese per competere abbiano «bisogno di flessibilità, ma al contempo di stabilità» e che «la nuova norma contenuta nella Manovra Finanziaria, non contraddice, ma riconosce e rafforza l'accordo interconfederale del 28 giugno scorso. Tale accordo rimane il nostro autonomo punto di riferimento nelle relazioni industriali. L'articolo 8 è pertanto un riconoscimento forte del ruolo della contrattazione con finalità, che per prime, saranno oggetto d'intesa fra le parti».

Anche la Uil ribadisce che «il testo recepisce i contenuti dell’accordo interconfederale di giugno, evitando, come da noi sollecitato la costituzione di sindacati di comodo e limitando il potere di deroga ai soli sindacati comparativamente più rappresentativi, ribadendo anche il principio maggioritario dell’accordo del 28 giugno».

Per il ministro del lavoro Maurizio Sacconi si tratta di una misura «rivoluzionaria» grazie alla quale «l'Italia ha davvero la possibilità di uscire dal Novecento ideologico» aiutando a far crescere imprese e lavoro nel nostro Paese.

Non sente ragioni invece la Cgil, che per voce di Susanna Camusso ribadisce le motivazioni dello sciopero indetto per martedì prossimo: «le modifiche della maggioranza di governo all'articolo 8 indicano la volontà di annullare il contratto collettivo nazionale di lavoro e di cancellare lo Statuto dei lavoratori, e non solo l'articolo 18, in violazione dell'articolo 39 della Costituzione e di tutti i principi di uguaglianza sul lavoro che la Costituzione stessa richiama».
di Noemi Ricci - www.pmi.it

mercoledì 14 settembre 2011

Assunzioni dirigenti



Per la Corte dei conti del Lazio sono fuori dalle limitazioni dell'articolo 19, comma 6, le

assunzioni di dirigenti a contratto effettuate "a monte" con procedure selettive. La

delibera 47/2011 giunge pochi giorni prima dell'adozione definitiva del Dlgs 141/2011,


ovvero il correttivo alla riforma Brunetta, e rischia di creare non poca confusione. La

questione degli incarichi dirigenziali riguarda l'applicabilità del contingente dell'8%

previsto dall'articolo 19 del Dlgs 165/2001 anche agli incarichi a contratto di cui

all'articolo 110 del Testo unico degli enti locali (Tuel). Le sezioni riunite hanno creato

un netto spartiacque: gli incarichi dirigenziali in dotazione organica, disciplinati dal

comma 1, sono di fatto limitati all'8%, mentre rimane in vita la possibilità, prevista al

comma 2, di affidare incarichi extra-dotazione organica, ma nel limite del 5% della

stessa. Per la Corte dei conti del Lazio le cose stanno un po' diversamente. I

magistrati affermano che l'orientamento delle sezioni riunite è riferibile solo agli

incarichi conferibili ex articolo 110, comma 1, in via residuale mediante «contratti di

diritto privato». Quindi, per il conferimento di incarichi «con provvedimento

fiduciario» oppure «intuitu personae», indipendentemente dai soggetti che ne sono

destinatari, vanno rispettati i rigorosi limiti di cui all'articolo 19, comma 6; qualora

invece vi sia una selezione "a monte", tali limiti scompaiono in virtù dell'autonomia

dell'ente locale. L'amministrazione potrebbe quindi disciplinare la necessità di una

selezione/concorso per l'accesso all'incarico dirigenziale ex articolo 110, comma 1, e in

questo caso superare ogni contingente di legge. La tesi lascia certamente qualche

dubbio. Non va infatti dimenticato che tutte le ultime disposizioni normative puntano

a una riduzione della dirigenza a contratto, e certamente non a un suo ampliamento,

come potrebbe accadere con disposizioni regolamentari appropriate.

A chiudere la vicenda ha comunque pensato il Dlgs 141/2011. Il decreto correttivo

permette agli enti locali virtuosi nel rispetto del patto di stabilità di innalzare la

percentuale per cui possono avvalersi di dirigenti a tempo determinato fino al 18%,

precisando espressamente «ai sensi dell'articolo 110, comma 1» del Tuel. Un secondo

intervento fa invece salvi i contratti dirigenziali a termine stipulati prima del 9 marzo

2011 anche oltre la limitazione vigente, purché realizzati nel rispetto delle norme sulle

spese di personale e delle assunzioni a tempo determinato. Vi sono quindi scaglioni

temporali ben chiari che si possono così riassumere: - gli incarichi affidati entro il 9

marzo, anche se superiori all'8%, sono validi fino a scadenza; - gli incarichi affidati

dopo il 9 marzo superiori all'8% non rispettano le norme vigenti (potrebbero rientrare

nella casistica gli incarichi affidati dalle amministrazioni che sono andate al voto

quest'anno); - solamente quando usciranno i decreti per stabilire gli enti virtuosi, si

potrà passare dall'8% al 18 per cento. Vi è poi un altro punto critico. Possono infatti

beneficiare del 18% esclusivamente gli enti collocati nelle fasce di virtuosità,

previste, però, solo per gli enti soggetti a patto di stabilità. Ma cosa accade agli

incarichi dirigenziali a termine nelle amministrazioni non soggette a patto?

Gianluca Bretagna - Il Sole 24Ore

Manovra finanziaria e festività


Ecco il testo del comma 24 dell'articolo 1 del decreto-legge della manovra, come
entrerà in vigore se non interverranno altrimenti senato e camera: «A decorrere
dall'anno 2012 con decreto del presidente del consiglio dei ministri, previa
deliberazione del consiglio dei Ministri, da emanare entro il 30 novembre dell'anno
precedente, sono stabilite annualmente le date in cui ricorrono le festività introdotte
con legge dello Stato non conseguente ad accordi con la Santa sede, nonché le
celebrazioni nazionali e le festività dei Santi Patroni, ad esclusione del 25 aprile,
festa della liberazione, del 1º maggio, festa del lavoro, e del 2 giugno, festa nazionale
della Repubblica, in modo tale che, sulla base della più diffusa prassi europea, le
stesse cadano il venerdì precedente ovvero il lunedì seguente la prima domenica
immediatamente successiva ovvero coincidano con tale domenica». Lasciando stare il
caso delle feste patronali, per la complessità che esse presentano a causa
dell'elevatissimo numero (una per comune), restano in mano al governo, attraverso un
dpcm, due sole giornate sulle quali agire per diminuire i ponti: Pasquetta e Santo
Stefano, vale a dire feste né religiose né civili, ma semplicemente gastronomiche, se
così vogliamo definirle, per consentire di smaltire pasti e libagioni delle altre feste cui
tali giornate fanno seguito. Restiamo puramente sulla carta, per vedere che cosa
potrebbe succedere nel 2012. Pasquetta cadrà il 9 aprile. Potrebbe essere anticipata
a venerdì 6, senza alcun effetto di diminuzione di ponti (salvo che per vacanze
scolastiche). Potrebbe andare a finire lunedì 16, e sarebbe un paradosso. Potrebbe
finire con il coincidere con domenica 15, e dunque essere di fatto soppressa. Solo in
tal caso produrrebbe effetti: con quale soddisfazione da parte della gente, ciascuno
può immaginare. Ci sarebbe, poi, il 26 dicembre. Il periodo di feste fra Natale 2012 e
Capodanno 2013 si presenterà molto adatto ai ponti, anche a causa di giornate che non
sono di per sé festive, ma che di solito concedono abbreviamenti delle ore lavorative,
quali la vigilia di Natale e l'ultimo giorno dell'anno. Ebbene, se in luogo di mercoledì 26
il giorno di Santo Stefano fosse spostato a lunedì 31, renderebbe a ogni effetto
festiva questa giornata che sarebbe altrimenti inserita tra l'accoppiata sabato 29-
domenica 30 e il martedì di Capodanno. Vuoi vedere che nel 2012 festeggeremo santo
Stefano nel giorno di san Silvestro?
Cesare Maffi - Italia Oggi

Sezioni riunite e turn-over 20%


Le Sezioni riunite si sono espresse sulla questione del turn-over del 20% per gli enti soggetti a patto e l’inclusione o meno nella percentuale delle forme di lavoro flessibile.
Queste le conclusioni.
“Relativamente agli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno, l’art. 14, comma 9, seconda parte, del DL 31 maggio 2010 n. 78, convertito nella legge 30 luglio 2010 n. 122, nella parte in cui stabilisce il vincolo di spesa alle assunzioni di personale, deve essere riferito alle assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale. Ciò ferme restando le eccezioni espressamente stabilite per legge, gli interventi caratterizzati da ipotesi di somma urgenza e lo svolgimento di servizi infungibili ed essenziali“.
Io sono rimasto senza parole. Sull’argomento avevo già avuto modo di scrivere e non cambio opinione (http://www.gianlucabertagna.it/2011/04/10/corte-lombardia-turn-over-e-tempo-determinato/).
Aggiungo solo due o tre considerazioni:
1. vorrei sapere come faranno ora gli enti che hanno servizi per l’infanzia o scuole materne a gestione diretta per le quali spesso vi sono assunzioni giustamente a tempo determinato. Il 20% di quelle precedenti… praticamente è niente. Ah, giusto… a volte mi scordo: ci vogliono proprio far chiudere tutto e esternalizzare.
2. La Corte crea delle eccezioni:
- casi previsti da legge (e siamo tutti d’accordo, ad esempio quota obbligatoria per i soggetti disabili)
- urgenza e servizi infungibili e essenziali.
Questi ultimi casi sono estremamente discrezionali. Della serie: con un po’ di immaginazione ogni amministrazione… Eh, ma io non ho immaginazione, quindi mi fermo.
3. Spese di personale. Nel 2011 già si abbassano per le assunzioni a tempo indeterminato (20% anno precedente), ora si abbassano anche per le assunzioni a tempo determinato (20% anno precedente), il fondo non può essere aumentato. Quindi, automaticamente le spese 2011 saranno più basse del 2010. E questo va bene, ma dove sta il problema? Poichè gli enti soggetti a patto devono ridurre rispetto all’anno precedente (Sezione Autonomie della Corte) nel 2012 non si potranno portare a termine nemmeno le assunzioni del 20% delle cessazioni 2011. Provare per credere. Amen.
Ok, non mi rimane che allegare la delibera.
ALLEGATO: CORTE DEI CONTI – SEZIONI RIUNITE – DELIBERA N. 46-2011

GIANLUCA BERTAGNA - WWW.GIANLUCABERTAGNA.IT

lunedì 5 settembre 2011

Gestione dati personali dei dipendenti

L'introduzione massiccia delle tecnologie informatiche in azienda ha
reso necessaria una regolamentazione dell'utilizzo interno e verso
l'esterno. Le imprese sono molto attente a rispettare le direttive in
materia di privacy e trattamento dei dati personali di clienti e
partner, ma trascurano spesso di definire analoghe policy sui dati dei
dipendenti, rischiando così di incorrere in situazioni anomale e in
sanzioni.
Dati personali dei dipendenti: normativa e principi
Oltre al Codice della Privacy, a livello europeo, i principi da seguire per il trattamento dei dati personali degli impiegati si basano sui documenti del "Gruppo di lavoro art. 29" istituito dalla Direttiva 95/46/CE. Oltre al principio di segretezza - secondo cui l'azienda non può per alcun
motivo accedere ai file personali di un dipendente anche se questi sono
archiviati sul computer aziendale - sussistono altri principi inderogabili.
Tra questi, il principio di finalità: i dati personali dei dipendenti devono
essere raccolti per finalità che abbiano carattere di legittimità e che siano
esplicite e specifiche; il principio di trasparenza: obbligo di rendere noti
quali dati personali l'azienda conserva e a quale scopo, consentendone
comunque ai lavoratori l'accesso. A seguire: principio di legittimità
riferita ai dati raccolti; di proporzionalità: i dati non possono essere
eccedenti rispetto agli scopi per cui vengono raccolti e conservati.
Altri principi fondamentali sono: accuratezza e conservazione dei dati: le
informazioni devono essere precise e aggiornate quando necessario; il
principio di sicurezza: i dati sono un bene sensibile e come tale vanno
gestiti in totale sicurezza per evitarne la divulgazione e l'accesso ai non
autorizzati. Infine, il principio di capacità e correttezza del personale
incaricato: i dati personali devono essere raccolti e custoditi da personale
formato appositamente a questo scopo.
Controllo dei dipendenti
Il controllo informatico dei dipendenti deve essere esercitato nella
massima trasparenza, senza che i controllati ne abbiano contezza. Si
attua solo se non è possibile ottenere i medesimi risultati con metodi
tradizionali di sorveglianza, e il trattamento dei dati deve essere equo
(non devono essere la "parte debole" del rapporto con il datore di lavoro!)
e adeguato alle preoccupazioni a cui si cerca di dare una risposta: in
pratica, non si possono intraprendere azioni di controllo dei dati per fatti
di poco conto o di scarsa importanza per l'azienda.
Per quanto concerne il controllo della email dei dipendenti e dell'uso
di Internet, il Garante Privacy ha elaborato un'apposita delibera, basata
sul principio di necessità: è necessario impostare i software
informatici in modo che l'utilizzo dei dati personali sia ridotto al minimo,
privilegiando dati anonimi o ricollegabili al proprietario solo se
necessario. Il lavoratore deve essere informato del trattamento dei propri
dati, e deve conoscere i modi di utilizzo degli strumenti tecnologici e le
metodologie di controllo adottate.
di Filippo Davide Martucci - pmi.it