Limite al trattamento economico
complessivo - Art. 9, c. 1, D.L. n. 78
‘‘Per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico
complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale,
ivi compreso il trattamento accessorio, previsto
dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche
inserite nel conto economico consolidato della pubblica
amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale
di statistica (Istat) ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della
legge 31 dicembre 2009, n. 196, non puo` superare, in ogni
caso, il trattamento ordinariamente spettante per l’anno
2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari
della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti
da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in
corso d’anno, fermo in ogni caso quanto previsto dal comma
21, 3º e 4º periodo, per le progressioni di carriera comunque
denominate, maternita` , malattia, missioni svolte
all’estero, effettiva presenza in servizio, fatto salvo quanto
previsto dal comma 17, secondo periodo e dall’art. 8, comma
14.’’
La norma impone, quindi, il confronto fra due
quantita`: il trattamento economico complessivo e
il trattamento ordinariamente spettante e il primo,
relativo agli anni 2011, 2012 e 2013, non puo` superare
l’ammontare del secondo, calcolato con riferimento
al 2010. Entrambe vanno riferite al singolo
dipendente, come ribadito dalla Corte dei conti (1).
L’identificazione del trattamento economico complessivo
risulta abbastanza agevole, in quanto rappresenta
l’insieme di tutte le voci stipendiali che
compongono la retribuzione dei dipendenti pubblici.
Si potrebbe pensare di escludere alcuni elementi,
ma il loro valore risulta marginale. Ne potrebbero
essere esempi l’assegno per il nucleo familiare,
in quanto generalmente non viene considerato trattamento
economico e perche´ la sua normativa ne
mantiene avulso l’andamento da quello dello stipendio,
eventuali rimborsi spese presenti nonche´
l’equo indennizzo, perche´ qualificato come prestazione
previdenziale.
Maggiori problemi sorgono nella quantificazione
del trattamento ordinariamente spettante in quanto
siamo di fronte ad una delle formule usate dal legislatore,
che non trova la sua definizione nel nostro
ordinamento giuridico. In questa incertezza, si ritiene
di poter affermare che nella quantita` in questione
non dovrebbe rientrare il compenso per lavoro straordinario,
in quanto lo stesso presuppone eventi
eccezionali e non prevedibili. Allo stesso modo,
non dovrebbero rientrare in tale quantita` i compensi
attribuiti a seguito del verificarsi di fenomeni naturali
eccezionali, quali le calamita` naturali (alluvioni,
terremoti, ecc.) Per quanto attiene al ‘‘fenomeno
neve’’, lo stesso deve essere contestualizzato. Infatti,
mentre a Catania, lo si puo` ritenere eccezionale,
non si puo` dire altrettanto per una nevicata a Sondrio.
Oltre a questo, la norma fornisce alcune indicazioni
utili per la sua definizione. Specifica, infatti,
che trattasi di quel trattamento che si ottiene neutralizzando
gli effetti derivanti da eventi straordinari
della dinamica retributiva. Anche questa non rappresenta
una locuzione che trova fondamento nel
nostro ordinamento e, quindi, vengono in rilievo
problemi interpretativi. Si pensa possano rientrare
in tali fattispecie le assunzioni, in quanto non sarebbe
pensabile dover confrontare la retribuzione
relativa ad alcuni mesi del 2010, perche´ il dipendente
e` stato assunto in corso d’anno, con quella
dell’intero 2011. L’ente che assuma per mobilita`,
sia volontaria che obbligatoria, dovra` aver cura di
richiedere all’amministrazione cedente il bagaglio
di trattamento ordinariamente spettante che il dipendente
porta con se´ e sommarla con quanto maturato
presso lo stesso ente, se l’assunzione avviene
nel 2010, ovvero considerarlo gia` come limite, se
l’assunzione avviene nel triennio 2011-2013. Analogamente,
negli eventi straordinari, si puo` far rientrare
la trasformazione da part-time a tempo pieno
del rapporto di lavoro, in quanto non risulterebbe
confrontabile lo stipendio relativo a 18 ore settimanali
del 2010 con quello a tempo pieno del 2011
quando, per esempio, il dipendente in part-time al
50% ritorna a tempo pieno l’1 gennaio 2011. In altre
parole, la norma consente di omogeneizzare, sia
sotto il profilo temporale che sotto l’aspetto dell’impegno
lavorativo, le quantita` che vanno comparate
nel 2011, 2012 e 2013 rispetto al 2010.
La disposizione chiarisce che sono eventi straordinari
della dinamica retributiva:
_ le variazioni dipendenti da eventuali arretrati. Oltre
all’ipotesi di emolumenti dovuti a sentenza, la
fattispecie puo` riguardare, eventualmente, solo gli
arretrati per l’applicazione del Ccnl ai segretari comunali
e provinciali relativo ai bienni economici
2006-2007 e 2008-2009, stante il blocco generalizzato
dei contratti collettivi per il personale dipendente
per il triennio 2010-2012;
_ il conseguimento di funzioni diverse in corso
d’anno. Anche in questo caso i confini non sono
molto delineati. Si puo` ritenere di ricomprendere
nell’accezione in questione il conferimento della titolarita`
della posizione organizzativa, in quanto
trattasi di un aumento retributivo conseguente a
nuove e piu` ampie responsabilita`. Nello stesso senso,
e` ipotizzabile che in tale contesto rientri anche il
conferimento della responsabilita` di procedimento
ed eventuale relativa indennita`. Spingendosi ancora
oltre, si potrebbe dire che il conseguimento di funzioni
diverse abbraccia tutte quelle ipotesi in cui, a
seguito di modifica di profilo professionale, si debba
riconoscere una particolare indennita`. Si pensi,
ad esempio, ad un istruttore amministrativo, categoria
C, che nel corso del 2010, per mobilita` interna,
vada a ricoprire un posto di istruttore di vigilanza,
all’interno della medesima categoria. Nell’esempio
esposto, la disposizione fa salvo il conseguente
riconoscimento dell’indennita` di vigilanza
anche per gli anni 2011, 2012 e 2013, che, in caso
contrario, andrebbe a ‘‘gonfiare’’ il trattamento
economico complessivo.
Leggendo al contrario la disposizione in commento,
non sono fatti salvi tutti gli aumenti retributivi
non derivanti dal conseguimento di funzioni diverse.
L’esempio principe e` rappresentato dalle progressioni
economiche (ex progressioni orizzontali),
le quali, se effettuate con decorrenza 2011, entreranno
nel coacervo del trattamento economico
complessivo, ma non sono presenti nel trattamento
ordinariamente spettante del 2010 e, quindi, comporteranno
il mancato rispetto del limite. Sembra,
in pratica, che la disposizione blocchi il ricorso alle
predette progressioni come strumenti premianti.
La norma, oltre ai casi suesposti, fa salve le disposizioni
contenute nel c. 21, periodo 3 e 4, in tema di
progressioni di carriera, le quali dispongono che le
ex progressioni verticali, effettuate sempre nel
triennio 2011-2013, hanno effetti solo giuridici,
ma non economici. In altre parole, viene stabilito
che, nel caso in cui il dipendente, con progressione
di carriera, passi dalla categoria C alla categoria D,
lo stesso debba svolgere le funzioni previste per il
profilo professionale ascritto alla categoria D, ma la
sua retribuzione resta quella della categoria C. Al di
la` dei forti dubbi di incostituzionalita` che la norma
presenta, non si comprende la disposizione inserita
in questo contesto, stante la sua ‘‘indifferenza’’
economica.
Il comma in questione fa, altresı`, salve tutte quelle
ipotesi in cui il dipendente ha usufruito di istituti
contrattuali che hanno comportato la riduzione dello
stipendio (malattia, maternita`, missione all’estero,
effettiva presenza in servizio). Il legislatore ha
voluto, anche in questi casi, neutralizzare gli effetti
distorsivi che le predette assenze avrebbero avuto
sul trattamento ordinariamente spettante. Si pensi,
ad esempio, ad una dipendente la quale, nel corso
del 2010, abbia usufruito di tutto il congedo parentale
e, quindi, per il periodo che va oltre i primi 30
giorni e fino ai sei mesi, la stessa abbia percepito una
retribuzione ridotta al 30%. Per calcolare l’importo
della retribuzione ordinariamente spettante
per l’anno 2010 si deve procedere al calcolo di
quanto la stessa avrebbe percepito se non avesse
usufruito del predetto congedo parentale. E cosı`
per tutte le ipotesi in cui l’effettiva presenza in servizio
possa aver inciso sul trattamento economico
del dipendente. Si pensi alle ipotesi di assenza
per malattia nei primi dieci giorni, di corresponsione
dell’indennita` rischio, e cosı` via.
In ogni caso, viene fatta salva la corresponsione
dell’indennita` di vacanza contrattuale, che risulta
non intaccata dalla disposizione in commento.
Da quanto sin qui detto, risulta evidente che il trattamento
ordinariamente spettante per l’anno 2010
non coincide necessariamente con quanto percepito
dal dipendente nel medesimo anno, ma bisogna
procedere alla ricostruzione di una retribuzione
‘‘virtuale’’, per neutralizzare gli effetti di tutte
quelle ipotesi che la stessa norma fa salvi. La Corte
dei conti parla di retribuzione giuridicamente spettante.
Ricostruzione che dovrebbe seguire il criterio di
competenza, in quanto la locuzione ‘‘spettante’’ sembra
richiamare tutto quello che e` riferito al 2010 piuttosto
che quanto pagato nel medesimo anno.
Il trattamento ordinariamente spettante, quindi, rappresenta
una quantita` che dovrebbe essere inferiore
al trattamento economico complessivo, se non per i
casi prima esposti (compenso per lavoro straordinario,
reperibilita` per neve, ecc.). Una lettura restrittiva
della norma, che porti a ‘‘fotografare’’ quanto
avvenuto, di ordinario, nel 2010 e a replicarlo esattamente
negli anni 2011, 2012 e 2013 comporta,
quantomeno, tre problemi:
1) conseguenze negative a livello di gestione e organizzazione
del personale. Stante la non comprimibilita`
del trattamento economico fondamentale,
eventuali necessita` di prestazioni ulteriori nel
2011 rispetto al 2010, che comportino la corresponsione
di maggiori compensi, non possono essere richieste
se non ricorrendo alla riduzione di altre voci.
In altre parole, se si presenta la necessita` di far
fare ad un vigile, nel 2011, un turno in piu` rispetto
al 2010, si dovra` procedere alla corrispondente decurtazione
di altre voci (ad esempio, il rischio) per
non andare oltre il limite;
2) non si comprende il valore della norma contenuta
nel c. 2 bis del medesimo art. 9, che impone un
tetto al trattamento accessorio complessivo di ente.
Sussistendo un limite al trattamento accessorio individuale,
il vincolo sul trattamento economico
complessivo non e` altro che la somma dei limiti individuali
e, quindi, la disposizione del c. 2 bis sembra
non avere significato;
3) sussistono forti perplessita` nell’ambito dell’applicazione
della riforma Brunetta: come si fa a premiare
i piu` bravi, attraverso le famose fasce, quando
sussiste un limite alla retribuzione complessiva?
Per queste motivazioni, si ritiene sia necessario andar
oltre alla mera interpretazione letterale. Alcuni
interpreti propongono di considerare nel trattamento
accessorio solo quelle voci che presentano il carattere
di ricorrenza. Si parla, infatti, di ‘‘accessorio
fisso’’. Ne consegue che rimarrebbero fuori dalla
portata della norma tutti gli emolumenti che presentano
una spiccata variabilita`, quale, tipicamente,
la vecchia produttivita`, oggi bonus annuale collegato
alla performance. Altri interpreti spostano l’attenzione
dal singolo dipendente al suo profilo professionale
e ragionano in termini di trattamento ordinariamente
spettante per tale profilo, ammettendo
che possa rientrare nel suddetto trattamento ordinariamente
spettante anche una quota di straordinario,
di turno, di reperibilita`, in quanto ‘‘normalmente’’
percepito dal profilo in questione. Seguendo tale linea
e forzando un po’’ la mano, si potrebbe arrivare
a dire che anche un importo di produttivita` puo` essere
considerato ordinariamente spettante, in quanto,
ancora, normalmente percepito dal lavoratore
che presti, con diligenza, la propria opera.
Qualunque sia l’interpretazione seguita, appaiono
comportamenti censurabili iniziative volte ad inserire,
nel 2011, l’istituto del turno in un settore dove,
nel 2010, non era presente oppure aumentare l’importo
di alcune indennita` accessorie, quale il disagio.
In quest’ottica, sembra, altresı`, ancora maggiormente
difficile sostenere l’inserimento nel fondo
per le risorse decentrate di somme ai sensi dell’art.
15, c. 2 e 5, del Ccnl 1º aprile 1999, in quanto trovano
il loro fondamento nella progettualita`, che va
oltre l’ordinaria attivita` dell’amministrazione.
In ogni caso, e` assolutamente opportuno un intervento
chiarificatore dell’organo deputato alla interpretazione
della norma; intervento che si auspica
possa vedersi in tempi rapidissimi, al fine di consentire
alle amministrazioni la necessaria programmazione
in tema di gestione del personale.
Tagli agli stipendi alti -
Art. 9, c. 2, D.L. n. 78
In considerazione della eccezionalita` della situazione economica
internazionale e tenuto conto delle esigenze prioritarie
di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede
europea, a decorrere dal 1º gennaio
2011 e sino al 31 dicembre 2013 i trattamenti economici
complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale,
previsti dai rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni
pubbliche, inserite nel conto economico consolidato
della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto
nazionale di statistica (Istat), ai sensi del comma 3,
dell’art. 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, superiori
a 90.000 euro lordi annui sono ridotti del 5 per cento per la
parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro,
nonche´ del 10 per cento per la parte eccedente 150.000
euro; a seguito della predetta riduzione il trattamento economico
complessivo non puo` essere comunque inferiore a
90.000 euro lordi annui; (...)
La riduzione prevista dal primo periodo del presente comma
non opera ai fini previdenziali.
Altra norma che interessa il triennio 2011-2013.
Impone alle amministrazione di procedere alla riduzione
del trattamento economico complessivo nella
misura del 5% per la parte che eccede i 90.000 annui
lordi e del 10% per la parte che eccede i
150.000 euro annui lordi. Il riferimento e`, ancora
una volta, al trattamento economico complessivo
del singolo dipendente e, quindi, comprensivo di
tutte le voci stipendiali. E ` da sottolineare che, per
i segretari comunali e provinciali, tale trattamento
comprende sia i diritti di segreteria che la retribuzione
aggiuntiva per sedi convenzionate. A questo
proposito, giova evidenziare che, in caso di convenzione
di segreteria, e` necessario che un ente appartenente
alla convenzione, di solito il capofila,
mantenga monitorata la retribuzione del segretario,
al fine di determinare il momento in cui detto stipendio
superi gli importi dei 90.000 euro e dei
150.000 euro. Sara`, poi, l’accordo fra le amministrazione
a stabilire come si procedera` alla riduzione.
Due sono le possibilita`:
_ ciascun ente procede alla riduzione sulle somme
direttamente corrisposte al segretario;
_ l’ente capofila effettua un ‘‘conguaglio’’ e applica
la riduzione nel suo intero importo.
Un altro problema riguarda le voci sulle quali si va
ad incidere. Anche in questo caso, due sono i percorsi
che si possono seguire:
_ viene ridotto solo il salario accessorio, ed in questo
caso bisogna predeterminare un criterio per l’individuazione
della voce stipendiale da decurtare;
_ si applica la riduzione, in misura proporzionale, a
tutte le voci stipendiali.
Il taglio opera per i trattamenti economici complessivi
superiori a 90.000 euro annui lordi. Per la determinazione
di detto trattamento, dovendosi far riferimento
ad importi lordi, si deve considerare
l’ammontare dello stipendio prima di aver operato
le trattenute previdenziali ed assistenziali e le ritenute
erariali. Non risulta chiaro se, nella determinazione,
si deve considerare l’importo del trattamento
pagato ovvero di competenza. Trattandosi, poi, di
limite annuo, appare necessario procedere al suo riproporzionamento
nel caso di assunzione o cessazione
intervenuta in corso d’anno.
La riduzione si applica al superamento dei 90.000
euro e dei 150.000 euro annui. Non si ritiene che
tali importi debbano essere mensilizzati e, quindi,
di dover applicare la riduzione a livello mensile,
ma solo nel momento in cui gli importi suddetti
vengano superati.
Un esempio puo` aiutare a chiarire: si ipotizzi un segretario
comunale che percepisca uno stipendio
mensile lordo di 15.000,00 euro:
— da gennaio a giugno non si effettua alcun abbattimento,
(15.000 x 6 = 90.000);
— da luglio a ottobre si riduce del 5%, (15.000 x 4
= 60.000);
— novembre e dicembre si riduce del 10%.
La norma precisa, infine, che la riduzione in commento
non opera ai fini previdenziali. Ne consegue
che, nel calcolo dell’imponibile sul quale determinare
i contributi da versare, si deve neutralizzare l’importo
della decurtazione. Proseguendo l’esempio sopra riportato,
con riferimento al mese di ottobre, si avra`:
— stipendio mensile lordo: 15.000,00;
— riduzione 5%: 750,00;
— stipendio lordo spettante: 14.250,00;
— aumento figurativo imp. previdenziale: 750,00;
— imponibile previdenziale: 15.000,00;
— contributi previdenziali (8,85% + 0,35% + 2%):
1.680,00;
— imponibile fiscale (14.250 - 1.680): 12.570,00.
Stante la premessa, dovrebbe risultare logica conseguenza
che, nella certificazione modello PA04, sia
ai fini pensionistici che per il calcolo del trattamento
di fine servizio e di fine rapporto, si debba indicare
l’importo della retribuzione piena, senza considerare
le riduzioni in commento.
Vincolo al trattamento accessorio
complessivo - Art. 9, c. 2 bis, D.L. n. 78
A decorrere dal 1º gennaio 2011 e sino al 31 dicembre
2013 l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente
al trattamento accessorio del personale, anche
di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di
cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, non puo` superare il corrispondente importo
dell’anno 2010 ed e` , comunque, automaticamente ridotto
in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio.
Rappresenta, questo, un vincolo a livello di ente, e
non piu` sul singolo dipendente. Le risorse destinate al trattamento
accessorio, sempre negli anni 2011,
2012 e 2013, non possono assumere un importo superiore
a quello del 2010. Un primo problema e` rappresentato
dalla definizione di ‘‘ammontare complessivo
delle risorse destinate annualmente al trattamento
accessorio del personale’’. Da un lato puo` essere
rappresentato dal fondo per le risorse decentrate,
disciplinato dall’art. 31 del Ccnl 22 gennaio
2004. In questo caso, nessun problema nella quantificazione
in quanto risulta dal relativo atto assunto
dall’ente. Ma, in senso tecnico, trattamento accessorio
ha un altro significato, vale a dire quell’insieme
di componenti la retribuzione che il contratto collettivo
definisce come accessorio. Per la determinazione
di tali voci si deve far riferimento, oltre al Ccnl
stesso, anche ai vari interventi esplicativi a suo tempo
emanati in materia di trattenuta nei primi dieci
giorni di malattia (3). Le due quantita` non coincidono
esattamente: ad esempio, la retribuzione di posizione,
negli enti privi di dirigenza, non grava sul
fondo, pur essendo trattamento accessorio, cosı` come
le progressioni economiche fanno parte del trattamento
fondamentale, ma trovano il loro finanziamento
all’intero delle risorse decentrate.
Un altro dubbio interpretativo e` rappresentato dal
criterio da applicare per la determinazione del limite,
vale a dire se si deve far riferimento alla cassa o
alla competenza. Stante il tenore della norma, la locuzione
‘‘destinate’’ sembra richiamare il criterio
della competenza. In questa ipotesi, sorgerebbe
un’ulteriore complicazione, costituita dal caso in
cui il fondo per le risorse decentrate (se cosı` si deve
intendere il trattamento accessorio) sia costituito
con un anno di ritardo, ipotesi tutt’altro che infrequente.
Ancora: la norma afferma che il vincolo si applica
al trattamento accessorio del personale, anche di livello
dirigenziale. Non risulta chiaro se nella determinazione
del tetto si debbano considerare tutti e
solo i dipendenti o, al contrario, si debba aggiungere
anche il segretario comunale o provinciale. Se da
un lato la retribuzione di quest’ultimo viene corrisposta
dall’ente nel quale e` stato assegnato, dall’altro
lo stesso segretario dipende giuridicamente dal
Ministero dell’interno, dopo l’avvenuta soppressione
dell’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo
dei segretari comunali e provinciali. Per quest’ultimo
motivo, si potrebbe ritenere che lo stesso non
debba partecipare alla determinazione del limite
per le risorse da destinare al trattamento accessorio.
Anche nell’ipotesi di esclusione del segretario comunale
o provinciale, la norma dispone la quantificazione
di un unico limite a livello di ente e, quindi,
a tale limite contribuisce sia il personale dirigente
che quello non dirigente. In altre parole, sembra
escluso che si possa procedere alla determinazione
di due tetti distinti, di cui uno facente capo ai dirigenti
e l’altro per i restanti dipendenti.
Nel quadro delineato, alcune norme contrattuali
troveranno difficolta` di attuazione nei prossimi tre
anni. In particolare:
— l’art. 4, c. 2, del Ccnl 5 ottobre 2001, che vuole
incrementare le risorse del fondo per gli importi
della retribuzione individuale di anzianita` e degli
assegni ad personam del personale cessato;
— l’art. 15, c. 2 e 5, del Ccnl 1º aprile 1999, per
importi che dovessero superare quanto gia` destinato
nel 2010;
— l’art. 17 del Ccnl 1º aprile 1999, che consente
di riportare all’anno successivo le somme non spese
dell’anno precedente (4);
— l’art. 15, c. 1, lett. k) del Ccnl 1º aprile 1999
(compensi Merloni, Ici, avvocatura) in quanto anche
tali importi dovrebbero rientrare nel limite e,
di conseguenza, non potrebbero superare l’importo
destinato nel 2010. Ma la sola applicazione delle
disposizioni contenute nel collegato lavoro alla finanziaria
2009, che riporta la percentuale dei compensi
per progettazione dallo 0,50% al 2% comporta
un incremento delle risorse destinate a tale scopo.
La norma impone, infine, la decurtazione del limite
in caso di riduzione del personale dipendente. Risulta
impensabile procedere alla predetta riduzione
al verificarsi di ogni cessazione dal servizio, a qualunque
titolo essa avvenga, in quanto, se tale cessazione
venisse seguita dalla relativa sostituzione, il
nuovo assunto non si troverebbe il suo bagaglio
di ‘‘trattamento accessorio’’. Si ritiene piu` opportuno
accantonare la somma di salario accessorio relativa
alla cessazione, al fine di non procedere al pagamento
della stessa, e di dar corso alla riduzione
reale del limite del trattamento accessorio solo a fine
anno, in relazione al saldo fra cessazioni e assunzioni.
Per quanto riguardo il calcolo della riduzione, si
profila una modalita` di determinazione assai semplice,
vale a dire una media matematica, suddividendo
l’importo complessivo del trattamento accessorio
per il numero di soggetti ai quali lo stesso
trattamento si riferisce.
Nessun dubbio in merito alla competenza dell’atto di accertamento
del limite massimo del trattamento
accessorio e della sua eventuale riduzione: trattasi
di atto tecnico e, quindi, la relativa adozione spetta
al dirigente o, in assenza della dirigenza, al responsabile
a cui e` assegnata la titolarita` della gestione
del personale.
Aumento massimo per il Ccnl 2008-
2009 - Art. 9, c. 4, D.L. n. 78
I rinnovi contrattuali del personale dipendente dalle pubbliche
amministrazioni per il biennio 2008-2009 ed i miglioramenti
economici del rimanente personale in regime di diritto
pubblico per il medesimo biennio non possono, in ogni
caso, determinare aumenti retributivi superiori al 3,2 per
cento. La disposizione di cui al presente comma si applica
anche ai contratti ed accordi stipulati prima della data di entrata
in vigore del presente decreto; le clausole difformi
contenute nei predetti contratti ed accordi sono inefficaci;
a decorrere dalla mensilita` successiva alla data di entrata
in vigore del presente decreto i trattamenti retributivi saranno
conseguentemente adeguati. La disposizione di cui al
primo periodo del presente comma non si applica al comparto
sicurezza-difesa ed ai Vigili del fuoco.
Per i dipendenti pubblici, gli aumenti derivanti dai
Ccnl riferiti al biennio 2008-2009 devono rispettare
il limite imposto dagli strumenti di programmazione
economico-finanziaria e, quindi, non possono
eccedere la misura del 3,20%. Qualora siano gia`
stati sottoscritti, alla data del 31 maggio 2010, accordi
che contengano clausole difformi, quest’ultime
sono inefficaci e i maggiori benefici vanno recuperati
con decorrenza giugno 2010. Andando a
leggere la relazione tecnica al decreto legge in esame,
si evince che ‘‘la previsione ivi contenuta (secondo
periodo del c. 4) trova applicazione esclusivamente
nei confronti del personale del comparto
regioni ed enti locali (personale non dirigente) e
di quello degli enti del SSN (personale dirigente
e non)’’. Quindi sono interessati i dipendenti non
dirigenti di regioni, comuni e province. Ma l’ipotesi
di contratto di tale comparto, relativo al biennio
2008-2009 era stata, a suo tempo, certificata dalla
Corte dei conti (5), la quale aveva affermato che
‘‘per quanto riguarda la valutazione di compatibilita`
economica, correlata al rispetto del tasso di inflazione
programmato, l’incremento delle retribuzioni
risulta pari al 3,2%, in linea con gli incrementi negoziali
previsti nei documenti di programmazione
economico-finanziaria’’. La situazione non puo`
che destare perplessita` e induce a far di conto. Considerando
lo stipendio base delle singole posizioni
economiche, all’inizio e alla fine del biennio in
questione, e calcolando l’incidenza dell’incremento
rispetto al tabellare iniziale, si rileva che, effettivamente,
gli incrementi sono superiori al 3,20%, in
misura variabile per ogni posizione. Alcuni interpreti
sostengono che, al posto di confrontare i
due tabellari, si debba procedere a calcolare le somme
effettivamente percepite, negli anni 2008 e
2009, a titolo di incrementi contrattuali. Queste
somme, confrontate con lo stipendio base all’inizio
del biennio, danno la misura dell’aumento. Ma anche
in questo caso, viene superato il tetto del
3,20%, anche se, quantitativamente, in misura inferiore.
A conferma della prima modalita` di calcolo
vi e` il Ccnl del comparto regioni ed autonomie locali,
per il medesimo biennio, ma riferito alla dirigenza,
la cui ipotesi e` stata sottoscritta dopo l’entrata
in vigore del D.L. n. 78/2010 e che e` stato riconosciuto,
anche da parte della Corte dei conti (6),
in linea con la previsione della norma in commento.
Prendendo lo stipendio tabellare dei dirigenti
all’1 gennaio 2008 (euro 41.968,00), dividendolo
per 13, si ottiene uno stipendio mensile di euro
3.228,30; applicando la percentuale del 3,20% risulta
un importo pari a euro 103,30, che coincide
con l’incremento a regime del predetto tabellare.
In ogni caso, risulta assodato che l’incremento del
tabellare, nel biennio 2008-2009, e` stato superiore
al limite in questione. Un’ulteriori tesi, pero`, si
sta profilando. Secondo quest’ultima interpretazione,
al fine del rispetto del vincolo del 3,20% non
bisogna considerare solo lo stipendio base, ma si
deve prendere a riferimento anche l’incremento
del salario accessorio. Ai sensi dell’art. 4 del Ccnl
31 luglio 2009, l’incremento delle risorse decentrate
poteva variare, nel solo anno 2009, fino ad un
massimo dell’1,50% del monte salari 2007, qualora
fossero rispettati alcuni parametri di virtuosita`. Tale
incremento risulta molto inferiore del tetto del
3,20% indicato dalla norma in commento. Ne consegue
che il minor incremento del salario accessorio
assorbe il maggior incremento dello stipendio
tabellare e, quindi, nulla si dovrebbe recuperare.
L’inserimento del salario accessorio per la verifica
del tetto viene affermato anche dalla Corte dei conti
Toscana (7), la quale aggiunge, pero` , che le risorse
incrementative del fondo 2009, pari al limite massimo
dell’1,50% suddetto, se corrisposte entro
maggio 2010, non possono, in alcun caso, formare
oggetto di richiesta di restituzione. Dopo l’entrata
in vigore del D.L. n. 78/2010, non e` possibile procedere
al pagamento di tali risorse, anche se gia` accantonate
nel fondo.
In questa situazione abbastanza confusa, e` urgente
un intervento da parte degli organi istituzionali, al
fine di sancire se i dipendenti delle amministrazioni
locali debbano restituire parte dei benefici contrattuali
2008-2009 e, in caso di risposta affermativa,
in quale misura. Fino a tale pronuncia, e` opportuno
non procedere ad alcun recupero, al fine di non
creare situazioni di disparita` di trattamento.
Blocco del contratto collettivo - Art. 9,
c. 17, D.L. n. 78
Non si da` luogo, senza possibilita` di recupero, alle procedure
contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012 del
personale di cui all’articolo 2, comma 2 e articolo 3 del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni.
E`
fatta salva l’erogazione dell’indennita` di vacanza
contrattuale nelle misure previste a decorrere dall’anno
2010 in applicazione dell’articolo 2, comma 35, della legge
22 dicembre 2008, n. 203.
Il legislatore ha sospeso la tornata contrattuale 2010-
2012 facendo salva esclusivamente l’erogazione dell’indennita`
di vacanza contrattuale. La mancata sottoscrizione
del Ccnl per il triennio non pone particolari
problemi interpretativi ed operativi in merito allo stipendio
tabellare: non vi e` alcun aumento se non l’autonomo
riconoscimento dell’Ivc, che, con ogni probabilita`,
verra` assorbito con la successiva tornata
contrattuale. Poiche´ l’Ivc ha le stesse caratteristiche
del trattamento tabellare, puo` essere opportuno calcolare
il valore del trattamento accessorio collegato al
tabellare (quali straordinario, turno e maggiorazioni)
anche sull’Ivc onde evitare di dover effettuare ricalcali
a distanza di parecchi anni.
L’impossibilita` di effettuare ‘‘procedure contrattuali
e negoziali’’ dovrebbe, almeno dal punto di vista
letterale, precludere la possibilita` di addivenire anche
ad accordi di natura decentrata, atteso che il
dettato normativo non limita il divieto alla contrattazione
nazionale. Per altro verso non si comprende
come si possa gestire il trattamento accessorio collegato
alle risorse del fondo in assenza di un contratto
decentrato. Inoltre, la norma non sospende
esplicitamente l’applicazione delle norme contrattuali
in materia di contrattazione decentrata.
La mancanza del Ccnl pone problemi difficilmente
superabili in merito all’applicazione della riforma
Brunetta con particolare riferimento al sistema premiale
contenuto nel Titolo III del D.Lgs. n. 150/
2009. La stessa circolare n. 7/2010 della Funzione
pubblica, a firma del Ministro, al par. 5 prevede che
‘‘altre norme del D.Lgs. n. 150/2009 non risultano,
invece, applicabili se non a partire dalla stipulazione
dei contratti collettivi relativi al periodo contrattuale
2010-2012, in quanto ne presuppongono l’entrata
in vigore’’. Il contratto nazionale deve definire
la nuova struttura della retribuzione come presupposto
per poter ‘‘destinare alla produttivita` individuale
la quota prevalente della retribuzione accessoria’’
ai sensi dell’art. 40, c. 3 bis, del D.Lgs. n.
165/2001, cosı` come modificato dal D.Lgs. n.
150/2009.
Il Ccnl deve, inoltre, intervenire sulla retribuzione
dei dirigenti collegata ai risultati, ai sensi dell’art.
24 del nuovo D.Lgs. n. 165/2001 sulla scorta del
quale ‘‘il trattamento accessorio collegato ai risultati
deve costituire almeno il 30 per cento della retribuzione
complessiva del dirigente considerata al
netto della retribuzione individuale di anzianita` e
degli incarichi aggiuntivi soggetti al regime dell’onnicomprensivita`’’.
In altre parole, il contratto
nazionale doveva incrementare progressione le risorse
disponibili per la retribuzione di risultato al
fine di rendere applicabile il vincolo del 30% dal
2013, ovvero dalla tornata contrattuale successiva
a quella decorrente dall’1 gennaio 2010.
Il sistema premiale prevede due nuovi istituti, il bonus
annuale delle eccellenze ed il premio per l’innovazione,
il cui importo e` quantificato dal Ccnl all’interno
delle risorse messe a disposizione per la
contrattazione nazionale (art. 45, c. 3 bis, D.Lgs.
n. 165/2001). Per lo stesso motivo sono inapplicabili
i premi per il c.d. ranking, che doveva trovare
finanziamento sempre nella contrattazione nazionale
(art. 45, c. 3 bis, D.Lgs. n. 165/2001).
Anche se la circolare citata si limita ad evidenziare
le problematiche suesposte, che gia`, da sole, fanno
seriamente dubitare dell’effettiva possibilita` di applicare
la riforma, numerosi altri problemi dovevano
trovare soluzione nel Ccnl. In primo luogo ci si
chiede se possa considerarsi ancora compatibile
con il bonus annuale collegato alla performance individuale
la retribuzione di risultato del personale
non dirigente cosı` come definita nel Ccnl, il quale
prevede che possa variare tra il 10 ed il 25% della
retribuzione di posizione. Nella logica della riforma
si dovrebbero determinare le risorse disponibili ed
individuare un sistema di fasce cosı` come indicato
nell’art. 31, c. 2, del D.Lgs. n. 150/2009. In applicazione
dei principi dettati dagli artt. 17 e 18 anche
l’attribuzione della retribuzione di risultato deve
avvenire in modo ‘‘selettivo, secondo logiche meritocratiche’’
e quindi potendo premiare i migliori
anche con importi che eccedono la soglia, effettivamente
oggi non proprio motivante, del 25% della
retribuzione di posizione. Tuttavia il contratto collettivo
rimane ancora vigente anche se palesemente
incompatibile con la riforma. Sulla scorta dell’art. 31 del D.Lgs. n. 150/2009 gli
enti dovranno redigere al massimo tre graduatorie
di dipendenti, in base alle quali assegnare il bonus
annuale sulle performance: una per i dirigenti, una
per i non dirigenti titolari di posizione organizzativa
ed una per i rimanenti dipendenti. Evidentemente
presenta non pochi problemi ipotizzare che un
dipendente di categoria A possa essere inserito nella
stessa graduatoria di un dipendente di categoria
D e che il relativo premio non possa essere differenziato.
Ma in assenza di un Ccnl risulta difficile
pensare a soluzioni diverse.
Inoltre, il famoso e dolente istituto dell’art. 15, c. 5,
del Ccnl 1º aprile 1999 e` ancora compatibile con il
bonus collegato alla performance? Se da una parte
il miglioramento dei servizi e` collegato a specifici
obiettivi che un gruppo di dipendenti deve raggiungere,
dall’altro il sistema delle performance prevede
un’unica graduatoria con fasce di merito differenziate
su tutti i dipendenti; ancora una volta
una norma contrattuale vigente ma incompatibile
con la riforma.
Conclusione
Se da una parte la riforma Brunetta detta un’agenda
di tempi ben cadenzati per la sua applicazione dall’altra
parte la manovra Tremonti ha sostanzialmente
tagliato le gambe a questa riforma. La dimostrazione
sta proprio nel blocco del trattamento economico individuale,
nel blocco del trattamento accessorio a livello
di ente e non per ultimo nel blocco del Ccnl, e
forse anche dei Ccdi, del triennio 2010-2012.
di Tiziano Grandelli e Mirco Zamberlan
Esperti in gestione e organizzazione del personale degli enti locali
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