domenica 23 gennaio 2011

Blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici

Limite al trattamento economico


complessivo - Art. 9, c. 1, D.L. n. 78

‘‘Per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico

complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale,

ivi compreso il trattamento accessorio, previsto

dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche

inserite nel conto economico consolidato della pubblica

amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale

di statistica (Istat) ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della

legge 31 dicembre 2009, n. 196, non puo` superare, in ogni

caso, il trattamento ordinariamente spettante per l’anno

2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari

della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti

da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in

corso d’anno, fermo in ogni caso quanto previsto dal comma

21, 3º e 4º periodo, per le progressioni di carriera comunque

denominate, maternita` , malattia, missioni svolte

all’estero, effettiva presenza in servizio, fatto salvo quanto

previsto dal comma 17, secondo periodo e dall’art. 8, comma

14.’’

La norma impone, quindi, il confronto fra due

quantita`: il trattamento economico complessivo e

il trattamento ordinariamente spettante e il primo,

relativo agli anni 2011, 2012 e 2013, non puo` superare

l’ammontare del secondo, calcolato con riferimento

al 2010. Entrambe vanno riferite al singolo

dipendente, come ribadito dalla Corte dei conti (1).

L’identificazione del trattamento economico complessivo

risulta abbastanza agevole, in quanto rappresenta

l’insieme di tutte le voci stipendiali che

compongono la retribuzione dei dipendenti pubblici.

Si potrebbe pensare di escludere alcuni elementi,

ma il loro valore risulta marginale. Ne potrebbero

essere esempi l’assegno per il nucleo familiare,

in quanto generalmente non viene considerato trattamento

economico e perche´ la sua normativa ne

mantiene avulso l’andamento da quello dello stipendio,

eventuali rimborsi spese presenti nonche´

l’equo indennizzo, perche´ qualificato come prestazione

previdenziale.

Maggiori problemi sorgono nella quantificazione

del trattamento ordinariamente spettante in quanto

siamo di fronte ad una delle formule usate dal legislatore,

che non trova la sua definizione nel nostro

ordinamento giuridico. In questa incertezza, si ritiene

di poter affermare che nella quantita` in questione

non dovrebbe rientrare il compenso per lavoro straordinario,

in quanto lo stesso presuppone eventi

eccezionali e non prevedibili. Allo stesso modo,

non dovrebbero rientrare in tale quantita` i compensi

attribuiti a seguito del verificarsi di fenomeni naturali

eccezionali, quali le calamita` naturali (alluvioni,

terremoti, ecc.) Per quanto attiene al ‘‘fenomeno

neve’’, lo stesso deve essere contestualizzato. Infatti,

mentre a Catania, lo si puo` ritenere eccezionale,

non si puo` dire altrettanto per una nevicata a Sondrio.

Oltre a questo, la norma fornisce alcune indicazioni

utili per la sua definizione. Specifica, infatti,

che trattasi di quel trattamento che si ottiene neutralizzando

gli effetti derivanti da eventi straordinari

della dinamica retributiva. Anche questa non rappresenta

una locuzione che trova fondamento nel

nostro ordinamento e, quindi, vengono in rilievo

problemi interpretativi. Si pensa possano rientrare

in tali fattispecie le assunzioni, in quanto non sarebbe

pensabile dover confrontare la retribuzione

relativa ad alcuni mesi del 2010, perche´ il dipendente

e` stato assunto in corso d’anno, con quella

dell’intero 2011. L’ente che assuma per mobilita`,

sia volontaria che obbligatoria, dovra` aver cura di

richiedere all’amministrazione cedente il bagaglio

di trattamento ordinariamente spettante che il dipendente

porta con se´ e sommarla con quanto maturato

presso lo stesso ente, se l’assunzione avviene

nel 2010, ovvero considerarlo gia` come limite, se

l’assunzione avviene nel triennio 2011-2013. Analogamente,

negli eventi straordinari, si puo` far rientrare

la trasformazione da part-time a tempo pieno

del rapporto di lavoro, in quanto non risulterebbe

confrontabile lo stipendio relativo a 18 ore settimanali

del 2010 con quello a tempo pieno del 2011

quando, per esempio, il dipendente in part-time al

50% ritorna a tempo pieno l’1 gennaio 2011. In altre

parole, la norma consente di omogeneizzare, sia

sotto il profilo temporale che sotto l’aspetto dell’impegno

lavorativo, le quantita` che vanno comparate

nel 2011, 2012 e 2013 rispetto al 2010.

La disposizione chiarisce che sono eventi straordinari

della dinamica retributiva:

_ le variazioni dipendenti da eventuali arretrati. Oltre

all’ipotesi di emolumenti dovuti a sentenza, la

fattispecie puo` riguardare, eventualmente, solo gli

arretrati per l’applicazione del Ccnl ai segretari comunali

e provinciali relativo ai bienni economici

2006-2007 e 2008-2009, stante il blocco generalizzato

dei contratti collettivi per il personale dipendente

per il triennio 2010-2012;

_ il conseguimento di funzioni diverse in corso

d’anno. Anche in questo caso i confini non sono

molto delineati. Si puo` ritenere di ricomprendere

nell’accezione in questione il conferimento della titolarita`

della posizione organizzativa, in quanto

trattasi di un aumento retributivo conseguente a

nuove e piu` ampie responsabilita`. Nello stesso senso,

e` ipotizzabile che in tale contesto rientri anche il

conferimento della responsabilita` di procedimento

ed eventuale relativa indennita`. Spingendosi ancora

oltre, si potrebbe dire che il conseguimento di funzioni

diverse abbraccia tutte quelle ipotesi in cui, a

seguito di modifica di profilo professionale, si debba

riconoscere una particolare indennita`. Si pensi,

ad esempio, ad un istruttore amministrativo, categoria

C, che nel corso del 2010, per mobilita` interna,

vada a ricoprire un posto di istruttore di vigilanza,

all’interno della medesima categoria. Nell’esempio

esposto, la disposizione fa salvo il conseguente

riconoscimento dell’indennita` di vigilanza

anche per gli anni 2011, 2012 e 2013, che, in caso

contrario, andrebbe a ‘‘gonfiare’’ il trattamento

economico complessivo.

Leggendo al contrario la disposizione in commento,

non sono fatti salvi tutti gli aumenti retributivi

non derivanti dal conseguimento di funzioni diverse.

L’esempio principe e` rappresentato dalle progressioni

economiche (ex progressioni orizzontali),

le quali, se effettuate con decorrenza 2011, entreranno

nel coacervo del trattamento economico

complessivo, ma non sono presenti nel trattamento

ordinariamente spettante del 2010 e, quindi, comporteranno

il mancato rispetto del limite. Sembra,

in pratica, che la disposizione blocchi il ricorso alle

predette progressioni come strumenti premianti.

La norma, oltre ai casi suesposti, fa salve le disposizioni

contenute nel c. 21, periodo 3 e 4, in tema di

progressioni di carriera, le quali dispongono che le

ex progressioni verticali, effettuate sempre nel

triennio 2011-2013, hanno effetti solo giuridici,

ma non economici. In altre parole, viene stabilito

che, nel caso in cui il dipendente, con progressione

di carriera, passi dalla categoria C alla categoria D,

lo stesso debba svolgere le funzioni previste per il

profilo professionale ascritto alla categoria D, ma la

sua retribuzione resta quella della categoria C. Al di

la` dei forti dubbi di incostituzionalita` che la norma

presenta, non si comprende la disposizione inserita

in questo contesto, stante la sua ‘‘indifferenza’’

economica.

Il comma in questione fa, altresı`, salve tutte quelle

ipotesi in cui il dipendente ha usufruito di istituti

contrattuali che hanno comportato la riduzione dello

stipendio (malattia, maternita`, missione all’estero,

effettiva presenza in servizio). Il legislatore ha

voluto, anche in questi casi, neutralizzare gli effetti

distorsivi che le predette assenze avrebbero avuto

sul trattamento ordinariamente spettante. Si pensi,

ad esempio, ad una dipendente la quale, nel corso

del 2010, abbia usufruito di tutto il congedo parentale

e, quindi, per il periodo che va oltre i primi 30

giorni e fino ai sei mesi, la stessa abbia percepito una

retribuzione ridotta al 30%. Per calcolare l’importo

della retribuzione ordinariamente spettante

per l’anno 2010 si deve procedere al calcolo di

quanto la stessa avrebbe percepito se non avesse

usufruito del predetto congedo parentale. E cosı`

per tutte le ipotesi in cui l’effettiva presenza in servizio

possa aver inciso sul trattamento economico

del dipendente. Si pensi alle ipotesi di assenza

per malattia nei primi dieci giorni, di corresponsione

dell’indennita` rischio, e cosı` via.

In ogni caso, viene fatta salva la corresponsione

dell’indennita` di vacanza contrattuale, che risulta

non intaccata dalla disposizione in commento.

Da quanto sin qui detto, risulta evidente che il trattamento

ordinariamente spettante per l’anno 2010

non coincide necessariamente con quanto percepito

dal dipendente nel medesimo anno, ma bisogna

procedere alla ricostruzione di una retribuzione

‘‘virtuale’’, per neutralizzare gli effetti di tutte

quelle ipotesi che la stessa norma fa salvi. La Corte

dei conti parla di retribuzione giuridicamente spettante.

Ricostruzione che dovrebbe seguire il criterio di

competenza, in quanto la locuzione ‘‘spettante’’ sembra

richiamare tutto quello che e` riferito al 2010 piuttosto

che quanto pagato nel medesimo anno.

Il trattamento ordinariamente spettante, quindi, rappresenta

una quantita` che dovrebbe essere inferiore

al trattamento economico complessivo, se non per i

casi prima esposti (compenso per lavoro straordinario,

reperibilita` per neve, ecc.). Una lettura restrittiva

della norma, che porti a ‘‘fotografare’’ quanto

avvenuto, di ordinario, nel 2010 e a replicarlo esattamente

negli anni 2011, 2012 e 2013 comporta,

quantomeno, tre problemi:

1) conseguenze negative a livello di gestione e organizzazione

del personale. Stante la non comprimibilita`

del trattamento economico fondamentale,

eventuali necessita` di prestazioni ulteriori nel

2011 rispetto al 2010, che comportino la corresponsione

di maggiori compensi, non possono essere richieste

se non ricorrendo alla riduzione di altre voci.

In altre parole, se si presenta la necessita` di far

fare ad un vigile, nel 2011, un turno in piu` rispetto

al 2010, si dovra` procedere alla corrispondente decurtazione

di altre voci (ad esempio, il rischio) per

non andare oltre il limite;

2) non si comprende il valore della norma contenuta

nel c. 2 bis del medesimo art. 9, che impone un

tetto al trattamento accessorio complessivo di ente.

Sussistendo un limite al trattamento accessorio individuale,

il vincolo sul trattamento economico

complessivo non e` altro che la somma dei limiti individuali

e, quindi, la disposizione del c. 2 bis sembra

non avere significato;

3) sussistono forti perplessita` nell’ambito dell’applicazione

della riforma Brunetta: come si fa a premiare

i piu` bravi, attraverso le famose fasce, quando

sussiste un limite alla retribuzione complessiva?

Per queste motivazioni, si ritiene sia necessario andar

oltre alla mera interpretazione letterale. Alcuni

interpreti propongono di considerare nel trattamento

accessorio solo quelle voci che presentano il carattere

di ricorrenza. Si parla, infatti, di ‘‘accessorio

fisso’’. Ne consegue che rimarrebbero fuori dalla

portata della norma tutti gli emolumenti che presentano

una spiccata variabilita`, quale, tipicamente,

la vecchia produttivita`, oggi bonus annuale collegato

alla performance. Altri interpreti spostano l’attenzione

dal singolo dipendente al suo profilo professionale

e ragionano in termini di trattamento ordinariamente

spettante per tale profilo, ammettendo

che possa rientrare nel suddetto trattamento ordinariamente

spettante anche una quota di straordinario,

di turno, di reperibilita`, in quanto ‘‘normalmente’’

percepito dal profilo in questione. Seguendo tale linea

e forzando un po’’ la mano, si potrebbe arrivare

a dire che anche un importo di produttivita` puo` essere

considerato ordinariamente spettante, in quanto,

ancora, normalmente percepito dal lavoratore

che presti, con diligenza, la propria opera.

Qualunque sia l’interpretazione seguita, appaiono

comportamenti censurabili iniziative volte ad inserire,

nel 2011, l’istituto del turno in un settore dove,

nel 2010, non era presente oppure aumentare l’importo

di alcune indennita` accessorie, quale il disagio.

In quest’ottica, sembra, altresı`, ancora maggiormente

difficile sostenere l’inserimento nel fondo

per le risorse decentrate di somme ai sensi dell’art.

15, c. 2 e 5, del Ccnl 1º aprile 1999, in quanto trovano

il loro fondamento nella progettualita`, che va

oltre l’ordinaria attivita` dell’amministrazione.

In ogni caso, e` assolutamente opportuno un intervento

chiarificatore dell’organo deputato alla interpretazione

della norma; intervento che si auspica

possa vedersi in tempi rapidissimi, al fine di consentire

alle amministrazioni la necessaria programmazione

in tema di gestione del personale.

Tagli agli stipendi alti -

Art. 9, c. 2, D.L. n. 78

In considerazione della eccezionalita` della situazione economica

internazionale e tenuto conto delle esigenze prioritarie

di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede

europea, a decorrere dal 1º gennaio

2011 e sino al 31 dicembre 2013 i trattamenti economici

complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale,

previsti dai rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni

pubbliche, inserite nel conto economico consolidato

della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto

nazionale di statistica (Istat), ai sensi del comma 3,

dell’art. 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, superiori

a 90.000 euro lordi annui sono ridotti del 5 per cento per la

parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro,

nonche´ del 10 per cento per la parte eccedente 150.000

euro; a seguito della predetta riduzione il trattamento economico

complessivo non puo` essere comunque inferiore a

90.000 euro lordi annui; (...)

La riduzione prevista dal primo periodo del presente comma

non opera ai fini previdenziali.

Altra norma che interessa il triennio 2011-2013.

Impone alle amministrazione di procedere alla riduzione

del trattamento economico complessivo nella

misura del 5% per la parte che eccede i 90.000 annui

lordi e del 10% per la parte che eccede i

150.000 euro annui lordi. Il riferimento e`, ancora

una volta, al trattamento economico complessivo

del singolo dipendente e, quindi, comprensivo di

tutte le voci stipendiali. E ` da sottolineare che, per

i segretari comunali e provinciali, tale trattamento

comprende sia i diritti di segreteria che la retribuzione

aggiuntiva per sedi convenzionate. A questo

proposito, giova evidenziare che, in caso di convenzione

di segreteria, e` necessario che un ente appartenente

alla convenzione, di solito il capofila,

mantenga monitorata la retribuzione del segretario,

al fine di determinare il momento in cui detto stipendio

superi gli importi dei 90.000 euro e dei

150.000 euro. Sara`, poi, l’accordo fra le amministrazione

a stabilire come si procedera` alla riduzione.

Due sono le possibilita`:

_ ciascun ente procede alla riduzione sulle somme

direttamente corrisposte al segretario;

_ l’ente capofila effettua un ‘‘conguaglio’’ e applica

la riduzione nel suo intero importo.

Un altro problema riguarda le voci sulle quali si va

ad incidere. Anche in questo caso, due sono i percorsi

che si possono seguire:

_ viene ridotto solo il salario accessorio, ed in questo

caso bisogna predeterminare un criterio per l’individuazione

della voce stipendiale da decurtare;

_ si applica la riduzione, in misura proporzionale, a

tutte le voci stipendiali.

Il taglio opera per i trattamenti economici complessivi

superiori a 90.000 euro annui lordi. Per la determinazione

di detto trattamento, dovendosi far riferimento

ad importi lordi, si deve considerare

l’ammontare dello stipendio prima di aver operato

le trattenute previdenziali ed assistenziali e le ritenute

erariali. Non risulta chiaro se, nella determinazione,

si deve considerare l’importo del trattamento

pagato ovvero di competenza. Trattandosi, poi, di

limite annuo, appare necessario procedere al suo riproporzionamento

nel caso di assunzione o cessazione

intervenuta in corso d’anno.

La riduzione si applica al superamento dei 90.000

euro e dei 150.000 euro annui. Non si ritiene che

tali importi debbano essere mensilizzati e, quindi,

di dover applicare la riduzione a livello mensile,

ma solo nel momento in cui gli importi suddetti

vengano superati.

Un esempio puo` aiutare a chiarire: si ipotizzi un segretario

comunale che percepisca uno stipendio

mensile lordo di 15.000,00 euro:

— da gennaio a giugno non si effettua alcun abbattimento,

(15.000 x 6 = 90.000);

— da luglio a ottobre si riduce del 5%, (15.000 x 4

= 60.000);

— novembre e dicembre si riduce del 10%.

La norma precisa, infine, che la riduzione in commento

non opera ai fini previdenziali. Ne consegue

che, nel calcolo dell’imponibile sul quale determinare

i contributi da versare, si deve neutralizzare l’importo

della decurtazione. Proseguendo l’esempio sopra riportato,

con riferimento al mese di ottobre, si avra`:

— stipendio mensile lordo: 15.000,00;

— riduzione 5%: 750,00;

— stipendio lordo spettante: 14.250,00;

— aumento figurativo imp. previdenziale: 750,00;

— imponibile previdenziale: 15.000,00;

— contributi previdenziali (8,85% + 0,35% + 2%):

1.680,00;

— imponibile fiscale (14.250 - 1.680): 12.570,00.

Stante la premessa, dovrebbe risultare logica conseguenza

che, nella certificazione modello PA04, sia

ai fini pensionistici che per il calcolo del trattamento

di fine servizio e di fine rapporto, si debba indicare

l’importo della retribuzione piena, senza considerare

le riduzioni in commento.

Vincolo al trattamento accessorio

complessivo - Art. 9, c. 2 bis, D.L. n. 78

A decorrere dal 1º gennaio 2011 e sino al 31 dicembre

2013 l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente

al trattamento accessorio del personale, anche

di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di

cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo

2001, n. 165, non puo` superare il corrispondente importo

dell’anno 2010 ed e` , comunque, automaticamente ridotto

in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio.

Rappresenta, questo, un vincolo a livello di ente, e

non piu` sul singolo dipendente. Le risorse destinate al trattamento

accessorio, sempre negli anni 2011,

2012 e 2013, non possono assumere un importo superiore

a quello del 2010. Un primo problema e` rappresentato

dalla definizione di ‘‘ammontare complessivo

delle risorse destinate annualmente al trattamento

accessorio del personale’’. Da un lato puo` essere

rappresentato dal fondo per le risorse decentrate,

disciplinato dall’art. 31 del Ccnl 22 gennaio

2004. In questo caso, nessun problema nella quantificazione

in quanto risulta dal relativo atto assunto

dall’ente. Ma, in senso tecnico, trattamento accessorio

ha un altro significato, vale a dire quell’insieme

di componenti la retribuzione che il contratto collettivo

definisce come accessorio. Per la determinazione

di tali voci si deve far riferimento, oltre al Ccnl

stesso, anche ai vari interventi esplicativi a suo tempo

emanati in materia di trattenuta nei primi dieci

giorni di malattia (3). Le due quantita` non coincidono

esattamente: ad esempio, la retribuzione di posizione,

negli enti privi di dirigenza, non grava sul

fondo, pur essendo trattamento accessorio, cosı` come

le progressioni economiche fanno parte del trattamento

fondamentale, ma trovano il loro finanziamento

all’intero delle risorse decentrate.

Un altro dubbio interpretativo e` rappresentato dal

criterio da applicare per la determinazione del limite,

vale a dire se si deve far riferimento alla cassa o

alla competenza. Stante il tenore della norma, la locuzione

‘‘destinate’’ sembra richiamare il criterio

della competenza. In questa ipotesi, sorgerebbe

un’ulteriore complicazione, costituita dal caso in

cui il fondo per le risorse decentrate (se cosı` si deve

intendere il trattamento accessorio) sia costituito

con un anno di ritardo, ipotesi tutt’altro che infrequente.

Ancora: la norma afferma che il vincolo si applica

al trattamento accessorio del personale, anche di livello

dirigenziale. Non risulta chiaro se nella determinazione

del tetto si debbano considerare tutti e

solo i dipendenti o, al contrario, si debba aggiungere

anche il segretario comunale o provinciale. Se da

un lato la retribuzione di quest’ultimo viene corrisposta

dall’ente nel quale e` stato assegnato, dall’altro

lo stesso segretario dipende giuridicamente dal

Ministero dell’interno, dopo l’avvenuta soppressione

dell’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo

dei segretari comunali e provinciali. Per quest’ultimo

motivo, si potrebbe ritenere che lo stesso non

debba partecipare alla determinazione del limite

per le risorse da destinare al trattamento accessorio.

Anche nell’ipotesi di esclusione del segretario comunale

o provinciale, la norma dispone la quantificazione

di un unico limite a livello di ente e, quindi,

a tale limite contribuisce sia il personale dirigente

che quello non dirigente. In altre parole, sembra

escluso che si possa procedere alla determinazione

di due tetti distinti, di cui uno facente capo ai dirigenti

e l’altro per i restanti dipendenti.

Nel quadro delineato, alcune norme contrattuali

troveranno difficolta` di attuazione nei prossimi tre

anni. In particolare:

— l’art. 4, c. 2, del Ccnl 5 ottobre 2001, che vuole

incrementare le risorse del fondo per gli importi

della retribuzione individuale di anzianita` e degli

assegni ad personam del personale cessato;

— l’art. 15, c. 2 e 5, del Ccnl 1º aprile 1999, per

importi che dovessero superare quanto gia` destinato

nel 2010;

— l’art. 17 del Ccnl 1º aprile 1999, che consente

di riportare all’anno successivo le somme non spese

dell’anno precedente (4);

— l’art. 15, c. 1, lett. k) del Ccnl 1º aprile 1999

(compensi Merloni, Ici, avvocatura) in quanto anche

tali importi dovrebbero rientrare nel limite e,

di conseguenza, non potrebbero superare l’importo

destinato nel 2010. Ma la sola applicazione delle

disposizioni contenute nel collegato lavoro alla finanziaria

2009, che riporta la percentuale dei compensi

per progettazione dallo 0,50% al 2% comporta

un incremento delle risorse destinate a tale scopo.

La norma impone, infine, la decurtazione del limite

in caso di riduzione del personale dipendente. Risulta

impensabile procedere alla predetta riduzione

al verificarsi di ogni cessazione dal servizio, a qualunque

titolo essa avvenga, in quanto, se tale cessazione

venisse seguita dalla relativa sostituzione, il

nuovo assunto non si troverebbe il suo bagaglio

di ‘‘trattamento accessorio’’. Si ritiene piu` opportuno

accantonare la somma di salario accessorio relativa

alla cessazione, al fine di non procedere al pagamento

della stessa, e di dar corso alla riduzione

reale del limite del trattamento accessorio solo a fine

anno, in relazione al saldo fra cessazioni e assunzioni.

Per quanto riguardo il calcolo della riduzione, si

profila una modalita` di determinazione assai semplice,

vale a dire una media matematica, suddividendo

l’importo complessivo del trattamento accessorio

per il numero di soggetti ai quali lo stesso

trattamento si riferisce.

Nessun dubbio in merito alla competenza dell’atto di accertamento

del limite massimo del trattamento

accessorio e della sua eventuale riduzione: trattasi

di atto tecnico e, quindi, la relativa adozione spetta

al dirigente o, in assenza della dirigenza, al responsabile

a cui e` assegnata la titolarita` della gestione

del personale.

Aumento massimo per il Ccnl 2008-

2009 - Art. 9, c. 4, D.L. n. 78

I rinnovi contrattuali del personale dipendente dalle pubbliche

amministrazioni per il biennio 2008-2009 ed i miglioramenti

economici del rimanente personale in regime di diritto

pubblico per il medesimo biennio non possono, in ogni

caso, determinare aumenti retributivi superiori al 3,2 per

cento. La disposizione di cui al presente comma si applica

anche ai contratti ed accordi stipulati prima della data di entrata

in vigore del presente decreto; le clausole difformi

contenute nei predetti contratti ed accordi sono inefficaci;

a decorrere dalla mensilita` successiva alla data di entrata

in vigore del presente decreto i trattamenti retributivi saranno

conseguentemente adeguati. La disposizione di cui al

primo periodo del presente comma non si applica al comparto

sicurezza-difesa ed ai Vigili del fuoco.

Per i dipendenti pubblici, gli aumenti derivanti dai

Ccnl riferiti al biennio 2008-2009 devono rispettare

il limite imposto dagli strumenti di programmazione

economico-finanziaria e, quindi, non possono

eccedere la misura del 3,20%. Qualora siano gia`

stati sottoscritti, alla data del 31 maggio 2010, accordi

che contengano clausole difformi, quest’ultime

sono inefficaci e i maggiori benefici vanno recuperati

con decorrenza giugno 2010. Andando a

leggere la relazione tecnica al decreto legge in esame,

si evince che ‘‘la previsione ivi contenuta (secondo

periodo del c. 4) trova applicazione esclusivamente

nei confronti del personale del comparto

regioni ed enti locali (personale non dirigente) e

di quello degli enti del SSN (personale dirigente

e non)’’. Quindi sono interessati i dipendenti non

dirigenti di regioni, comuni e province. Ma l’ipotesi

di contratto di tale comparto, relativo al biennio

2008-2009 era stata, a suo tempo, certificata dalla

Corte dei conti (5), la quale aveva affermato che

‘‘per quanto riguarda la valutazione di compatibilita`

economica, correlata al rispetto del tasso di inflazione

programmato, l’incremento delle retribuzioni

risulta pari al 3,2%, in linea con gli incrementi negoziali

previsti nei documenti di programmazione

economico-finanziaria’’. La situazione non puo`

che destare perplessita` e induce a far di conto. Considerando

lo stipendio base delle singole posizioni

economiche, all’inizio e alla fine del biennio in

questione, e calcolando l’incidenza dell’incremento

rispetto al tabellare iniziale, si rileva che, effettivamente,

gli incrementi sono superiori al 3,20%, in

misura variabile per ogni posizione. Alcuni interpreti

sostengono che, al posto di confrontare i

due tabellari, si debba procedere a calcolare le somme

effettivamente percepite, negli anni 2008 e

2009, a titolo di incrementi contrattuali. Queste

somme, confrontate con lo stipendio base all’inizio

del biennio, danno la misura dell’aumento. Ma anche

in questo caso, viene superato il tetto del

3,20%, anche se, quantitativamente, in misura inferiore.

A conferma della prima modalita` di calcolo

vi e` il Ccnl del comparto regioni ed autonomie locali,

per il medesimo biennio, ma riferito alla dirigenza,

la cui ipotesi e` stata sottoscritta dopo l’entrata

in vigore del D.L. n. 78/2010 e che e` stato riconosciuto,

anche da parte della Corte dei conti (6),

in linea con la previsione della norma in commento.

Prendendo lo stipendio tabellare dei dirigenti

all’1 gennaio 2008 (euro 41.968,00), dividendolo

per 13, si ottiene uno stipendio mensile di euro

3.228,30; applicando la percentuale del 3,20% risulta

un importo pari a euro 103,30, che coincide

con l’incremento a regime del predetto tabellare.

In ogni caso, risulta assodato che l’incremento del

tabellare, nel biennio 2008-2009, e` stato superiore

al limite in questione. Un’ulteriori tesi, pero`, si

sta profilando. Secondo quest’ultima interpretazione,

al fine del rispetto del vincolo del 3,20% non

bisogna considerare solo lo stipendio base, ma si

deve prendere a riferimento anche l’incremento

del salario accessorio. Ai sensi dell’art. 4 del Ccnl

31 luglio 2009, l’incremento delle risorse decentrate

poteva variare, nel solo anno 2009, fino ad un

massimo dell’1,50% del monte salari 2007, qualora

fossero rispettati alcuni parametri di virtuosita`. Tale

incremento risulta molto inferiore del tetto del

3,20% indicato dalla norma in commento. Ne consegue

che il minor incremento del salario accessorio

assorbe il maggior incremento dello stipendio

tabellare e, quindi, nulla si dovrebbe recuperare.

L’inserimento del salario accessorio per la verifica

del tetto viene affermato anche dalla Corte dei conti

Toscana (7), la quale aggiunge, pero` , che le risorse

incrementative del fondo 2009, pari al limite massimo

dell’1,50% suddetto, se corrisposte entro

maggio 2010, non possono, in alcun caso, formare

oggetto di richiesta di restituzione. Dopo l’entrata

in vigore del D.L. n. 78/2010, non e` possibile procedere

al pagamento di tali risorse, anche se gia` accantonate

nel fondo.

In questa situazione abbastanza confusa, e` urgente

un intervento da parte degli organi istituzionali, al

fine di sancire se i dipendenti delle amministrazioni

locali debbano restituire parte dei benefici contrattuali

2008-2009 e, in caso di risposta affermativa,

in quale misura. Fino a tale pronuncia, e` opportuno

non procedere ad alcun recupero, al fine di non

creare situazioni di disparita` di trattamento.

Blocco del contratto collettivo - Art. 9,

c. 17, D.L. n. 78

Non si da` luogo, senza possibilita` di recupero, alle procedure

contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012 del

personale di cui all’articolo 2, comma 2 e articolo 3 del decreto

legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni.

E`

fatta salva l’erogazione dell’indennita` di vacanza

contrattuale nelle misure previste a decorrere dall’anno

2010 in applicazione dell’articolo 2, comma 35, della legge

22 dicembre 2008, n. 203.

Il legislatore ha sospeso la tornata contrattuale 2010-

2012 facendo salva esclusivamente l’erogazione dell’indennita`

di vacanza contrattuale. La mancata sottoscrizione

del Ccnl per il triennio non pone particolari

problemi interpretativi ed operativi in merito allo stipendio

tabellare: non vi e` alcun aumento se non l’autonomo

riconoscimento dell’Ivc, che, con ogni probabilita`,

verra` assorbito con la successiva tornata

contrattuale. Poiche´ l’Ivc ha le stesse caratteristiche

del trattamento tabellare, puo` essere opportuno calcolare

il valore del trattamento accessorio collegato al

tabellare (quali straordinario, turno e maggiorazioni)

anche sull’Ivc onde evitare di dover effettuare ricalcali

a distanza di parecchi anni.

L’impossibilita` di effettuare ‘‘procedure contrattuali

e negoziali’’ dovrebbe, almeno dal punto di vista

letterale, precludere la possibilita` di addivenire anche

ad accordi di natura decentrata, atteso che il

dettato normativo non limita il divieto alla contrattazione

nazionale. Per altro verso non si comprende

come si possa gestire il trattamento accessorio collegato

alle risorse del fondo in assenza di un contratto

decentrato. Inoltre, la norma non sospende

esplicitamente l’applicazione delle norme contrattuali

in materia di contrattazione decentrata.

La mancanza del Ccnl pone problemi difficilmente

superabili in merito all’applicazione della riforma

Brunetta con particolare riferimento al sistema premiale

contenuto nel Titolo III del D.Lgs. n. 150/

2009. La stessa circolare n. 7/2010 della Funzione

pubblica, a firma del Ministro, al par. 5 prevede che

‘‘altre norme del D.Lgs. n. 150/2009 non risultano,

invece, applicabili se non a partire dalla stipulazione

dei contratti collettivi relativi al periodo contrattuale

2010-2012, in quanto ne presuppongono l’entrata

in vigore’’. Il contratto nazionale deve definire

la nuova struttura della retribuzione come presupposto

per poter ‘‘destinare alla produttivita` individuale

la quota prevalente della retribuzione accessoria’’

ai sensi dell’art. 40, c. 3 bis, del D.Lgs. n.

165/2001, cosı` come modificato dal D.Lgs. n.

150/2009.

Il Ccnl deve, inoltre, intervenire sulla retribuzione

dei dirigenti collegata ai risultati, ai sensi dell’art.

24 del nuovo D.Lgs. n. 165/2001 sulla scorta del

quale ‘‘il trattamento accessorio collegato ai risultati

deve costituire almeno il 30 per cento della retribuzione

complessiva del dirigente considerata al

netto della retribuzione individuale di anzianita` e

degli incarichi aggiuntivi soggetti al regime dell’onnicomprensivita`’’.

In altre parole, il contratto

nazionale doveva incrementare progressione le risorse

disponibili per la retribuzione di risultato al

fine di rendere applicabile il vincolo del 30% dal

2013, ovvero dalla tornata contrattuale successiva

a quella decorrente dall’1 gennaio 2010.

Il sistema premiale prevede due nuovi istituti, il bonus

annuale delle eccellenze ed il premio per l’innovazione,

il cui importo e` quantificato dal Ccnl all’interno

delle risorse messe a disposizione per la

contrattazione nazionale (art. 45, c. 3 bis, D.Lgs.

n. 165/2001). Per lo stesso motivo sono inapplicabili

i premi per il c.d. ranking, che doveva trovare

finanziamento sempre nella contrattazione nazionale

(art. 45, c. 3 bis, D.Lgs. n. 165/2001).

Anche se la circolare citata si limita ad evidenziare

le problematiche suesposte, che gia`, da sole, fanno

seriamente dubitare dell’effettiva possibilita` di applicare

la riforma, numerosi altri problemi dovevano

trovare soluzione nel Ccnl. In primo luogo ci si

chiede se possa considerarsi ancora compatibile

con il bonus annuale collegato alla performance individuale

la retribuzione di risultato del personale

non dirigente cosı` come definita nel Ccnl, il quale

prevede che possa variare tra il 10 ed il 25% della

retribuzione di posizione. Nella logica della riforma

si dovrebbero determinare le risorse disponibili ed

individuare un sistema di fasce cosı` come indicato

nell’art. 31, c. 2, del D.Lgs. n. 150/2009. In applicazione

dei principi dettati dagli artt. 17 e 18 anche

l’attribuzione della retribuzione di risultato deve

avvenire in modo ‘‘selettivo, secondo logiche meritocratiche’’

e quindi potendo premiare i migliori

anche con importi che eccedono la soglia, effettivamente

oggi non proprio motivante, del 25% della

retribuzione di posizione. Tuttavia il contratto collettivo

rimane ancora vigente anche se palesemente

incompatibile con la riforma. Sulla scorta dell’art. 31 del D.Lgs. n. 150/2009 gli

enti dovranno redigere al massimo tre graduatorie

di dipendenti, in base alle quali assegnare il bonus

annuale sulle performance: una per i dirigenti, una

per i non dirigenti titolari di posizione organizzativa

ed una per i rimanenti dipendenti. Evidentemente

presenta non pochi problemi ipotizzare che un

dipendente di categoria A possa essere inserito nella

stessa graduatoria di un dipendente di categoria

D e che il relativo premio non possa essere differenziato.

Ma in assenza di un Ccnl risulta difficile

pensare a soluzioni diverse.

Inoltre, il famoso e dolente istituto dell’art. 15, c. 5,

del Ccnl 1º aprile 1999 e` ancora compatibile con il

bonus collegato alla performance? Se da una parte

il miglioramento dei servizi e` collegato a specifici

obiettivi che un gruppo di dipendenti deve raggiungere,

dall’altro il sistema delle performance prevede

un’unica graduatoria con fasce di merito differenziate

su tutti i dipendenti; ancora una volta

una norma contrattuale vigente ma incompatibile

con la riforma.

Conclusione

Se da una parte la riforma Brunetta detta un’agenda

di tempi ben cadenzati per la sua applicazione dall’altra

parte la manovra Tremonti ha sostanzialmente

tagliato le gambe a questa riforma. La dimostrazione

sta proprio nel blocco del trattamento economico individuale,

nel blocco del trattamento accessorio a livello

di ente e non per ultimo nel blocco del Ccnl, e

forse anche dei Ccdi, del triennio 2010-2012.

di Tiziano Grandelli e Mirco Zamberlan

Esperti in gestione e organizzazione del personale degli enti locali

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